cultura

Il film della settimana
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Al cinema, a volte, si fanno scoperte davvero curiose. Per fortuna, verrebbe da aggiungere. Come è il caso di ‘Rams, storia di due fratelli e otto pecore’ che lo scorso maggio ha vinto la sezione ‘Un certain regard’ al Festival di Cannes, secondo film dell’islandese Grímur Hákonarson dopo un documentario e alcuni corti.

E si svolge proprio in una valle islandese isolata questa storia che vede protagonisti due fratelli, Gummi e Kiddiley, che vivono fianco a fianco, badando al gregge di famiglia, considerato uno dei migliori del paese, spesso premiati per le loro preziose pecore appartenenti a un ceppo antichissimo. Ma la cosa bizzarra è che - benché dividano la terra e conducano la stessa vita – i due non si parlano da quarant’anni.

Quando una malattia letale colpisce il gregge di Kiddi, minacciando l’intera vallata, le autorità decidono di abbattere tutti gli animali della zona per contenere l’epidemia. Per gli allevatori, per cui le pecore costituiscono la principale fonte di reddito, è come fosse una condanna a morte, e molti abbandonano la loro terra. Ma i nostri due eroi non si arrendono tanto facilmente, e ciascuno cerca di evitare il peggio a modo suo: Kiddi usando il fucile, Gummi il cervello, unendo però le forze per salvare la loro speciale razza ovina, e se stessi, dall’estinzione.

Girato in un paese in cui vivono 200.000 persone e 800.000 pecore, Rams è qualcosa a metà tra un dramma e una commedia dove la comunicazione parte come un lusso fino a diventare diventare strada facendo una questione di sopravvivenza. Un piccolo film senza grandi pretese che ha il pregio di riuscire a catturare lo spirito di una cultura tanto profondamente radicata quanto ormai in via di estinzione con due fratelli che magari possono essere separati dalla reciproca intransigenza, ma il cui desiderio di stare uniti è più forte di tutto.

Tra relazioni interrotte e momenti austeri, speranza e umorismo, Hákonarson dipinge un quadro di lontananza e solitudine con partecipazione e calore, utilizzando il suo background documentaristico per mostrarci una popolazione in difficoltà alla quale va il suo rispetto più profondo. Riuscendo ad arrivare al cuore del legame tra due fratelli in grado di sopportare quattro decenni senza parlare che finiscono però per diventare il nucleo pulsante e concreto di una tradizione contadina che evidentemente è l’elemento più radicato in quella nazione scandinava. Non permettendoci nello stesso tempo di dimenticare mai quanto sia umana la nostra stupidità.