Guai alle donne che a Genova si buttano in politica con ambizione e determinazione e scalano velocemente la vetta del potere. Sopratutto se questo potere è quello pubblico-politico e conferisce a chi lo conquista grande visibilità. Abbiamo davanti agli occhi il calvario che sta vivendo Marta Vincenzi, già sindaco di Genova, già presidente della Provincia, già eurodeputato a Bruxelles, forse una delle donne “più forti” del Dopoguerra genovese nel campo della politica e dell'amministrazione pubblica.
Il processo per la tragica alluvione del 2012 la crocifigge da anni al solo ruolo di imputata, accusata di un reato pesantissimo: concorso in omicidio colposo plurimo per la morte delle sei vittime di quella tragedia e anche falso in atto pubblico per avere “truccato” la versione ufficiale del Comune sulle sequenze della tragedia stessa.
Cancellate tutte le sue esperienze politico amministrative, annichilita la sua capacità politica, l'estro umano professionale, cancellata la sua lunga esperienza: deve solo difendersi. Altro che rottamazione! Su di lei grava una responsabilità che probabilmente si è accumulata negli anni e nei decenni, durante i quali il dissesto idrogeologico della nostra città si è costruito con la cementificazione, con le mancate opere di salvaguardia, con le incurie e gli abbandoni della fragilità genovese. Ma questa montagna ora pesa tutta sulle spalle della signora ex sindaco.
Nessuno pagò per i 37 morti dell'alluvione storica del 1970, nessun politico ha mai pagato per gli oltre cento morti nelle alluvioni che si sono susseguite nell'epoca moderna. Saranno giustamente i giudici a stabilire se le sue responsabilità sono gravi al punto da meritarle una pena che la escluda dalle attività pubbliche. E' giusto che sia così, maVincenzi sta già pagando in anticipo una parte della sua eventuale responsabilità per non avere tenuto chiuso le scuole in quella tragica giornata.
Il processo che mette alla sbarra Supermarta (così la chiamavano i mezzi di comunicazione nell'epoca del suo massimo potere) va avanti da anni e le udienze sono uno stillicidio, non solo per gli imputati, ma per tutta la civica amministrazione che governava con lei: non passa settimana che qualche ex assessore, vice sindaco, esponente di quella giunta Vincenzi non sia accusato almeno di falsa testimonianza, per avere cambiato la versione iniziale dei tragici fatti.
Sembra quasi che SuperMarta abbia trascinato dietro di sé, e certamente senza volerlo, tutta un'amministrazione pubblica e la nemesi di quel che era la sua giunta si consuma in un'aula di giustizia, in un silenzio sepolcrale della città, che lei per tanti anni ha dominato e che ora le sembra estranea.
Insomma, questa storia segna profondamente il suo destino di donna, che ha avuto successo in politica, si è affermata fino a padroneggiare il governo di una grande città con fortissima visibilità e grande carattere e che ora paga un prezzo la cui misura, in uno stato di diritto, devono stabilire i giudici, ma che comunque la segna già profondamente nella sua carne viva.
Un'altra storia, molto minore rispetto a questa, ma emblematica al femminile, è quella di Raffaella Paita, un'altra donna ligure di generazione più giovane, ma dello stesso partito della Vincenzi, lanciata verso grandi successi pubblici con la stessa determinazione e in qualche modo con lo stesso sponsor a fianco, il Claudio Burlando che chiamò Vincenzi nella sua prima giunta comunale degli anni Ottanta e che due anni fa investì la giovane Paita nella sua giunta e, ancor più, nel ruolo di sua delfina nelle ultime elezioni regionali.
Sappiamo come è finita: la durissima sconfitta elettorale, dopo una cavalcata verso la presidenza della regione Liguria che ha spaccato il Pd, lo ha lacerato come nulla aveva mai strappato il tessuto di un partito che viene da una ultradecennale “occupazione” pubblica: le dimissioni del “leone storico” Cofferati, le primarie inquinate, lo smacco di perdere le elezioni e passare il governo a una Destra che sembrava morta e che è resuscitata inopinatamente ed ora tiene in mano le redini.
Non solo: Paita vive in qualche modo lo stesso destino giudiziario di Marta Vincenzi anche se il paragone può apparire sproporzionato: anche lei deve difendersi dall'accusa di non avere allertato con la Protezione Civile la Regione, mentre un'altra terribile alluvione stava per scatenarsi, provocando la morte di un uomo travolto dalla improvvisa piena del Bisagno.
Un'altra alluvione, in parte la stessa accusa, un altro processo per concorso in omicidio colposo che i giudici sono chiamati a celebrare e davanti al quale la Paita si difende con grande vigore, sostenendo che non toccava a lei, responsabile politica della Protezione Civile, dare l'allarme.
Certamente il paragone finisce qua, non solo per la differenza delle due tragedie e del relativo peso giudiziario delle accuse. Vincenzi si è dovuta dimenticare della politica, del suo impegno pubblico anche per ragioni di età e di generazioni nuove alla ribalta, mentre Paita, che di queste generazioni fa parte, è ancora in sella, combatte dentro al Pd, è capogruppo in Regione.
Nessuno vuole assolvere prima del tempo le due signoree del Pd, due donne così impegnate in epoche diverse, ma nella stessa era , nessuno vuole condannarle prima del tempo, ma nessuno può evitare di marcare la micidiale similitudine delle vicende che le coinvolgono e per le quali sarà decisivo il verdetto di processi così delicati e già così determinanti.
Si potrebbe continuare con i rischi della politica al femminile nella nostra regione, per trarne chissà quali acrobatici giudizi e paragoni. Un'altra donna-leader politica, di tutt'altra fatta e di peso politico certamente inferiore alla Vincenzi e alla Paita, è stata travolta in Liguria da una vicenda giudiziaria.
Si tratta della ex vice presidente della giunta regionale di Burlando, Marilyn Fusco, assessore all'Urbanistica, una specie di meteora della politica ligure. Consigliera comunale nel fu partito Idv di Antonio Di Pietro, trionfante in Regione nella successiva tornata politica, è stata impallinata da processi per la gestione urbanistica del territorio ed è sparita letteralmente dalla politica e dal territorio, come il suo partito, insieme al suo consorte Giovanni Palladini, ex Margherita, deputato nell' IDV.
Una specie di cancellazione totale, in questo caso ancor prima che i processi si consumassero. In questo caso si sono logorati prima i partiti, sul cui carro la signora aveva ottenuto un bruciante successo. E' chiaro che non si può trarre alcuna conseguenza da queste vicende così uguali e diverse, che si sono svolte più o meno parallelamente sullo scenario genovese e ligure.
Se non constatare che riguardano tre donne molte diverse tra loro, per formazione, storia personale, generazione, ma sempre donne- forti e ambiziose, che si sono esposte al massimo, là dove il predominio femminile non è stato storicamente una costante.
La prima donna sindaco nella storia di Genova, la prima donna che stava per diventare presidente della Regione Liguria, la prima donna vice presidente della Liguria..... C'è solo da augurarsi che in tutti i casi la giustizia sia rapida a emettere le sentenze su vicende che non si esauriscono certo da un punto di vista giudiziario.
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Donne, politica, giustizia: Vincenzi, Paita, Fusco in attesa di giudizio
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