All’inizio del nuovo anno i politici hanno l’irrefrenabile necessità di comunicare ai cittadini che esistono, che non sono stati buttati fuori dalla finestra con gli oggetti in disuso dell’anno che è appena finito. Così è accaduto anche a Genova con due interviste, la prima del parlamentare Mario Tullo, la seconda dell’ex governatore Claudio Burlando. La terza, quella del vicesindaco Bernini merita un discorso a parte.
Tullo sente il bisogno di incoronare candidato-sindaco del Pd il sindaco attuale Marco Doria, come espressione di un’ alleanza di sinistra che oggi non esiste nazionalmente. Ma va oltre: sancisce che Doria vada candidato senza primarie.
Burlando risorge, attacca Doria che volle lui a discapito della Vincenzi costringendola alle primarie, e ribatte che se Doria vuole ricandidarsi deve passare proprio attraverso la selezione.
Doria probabilmente si ricandiderà con o senza il Pd, ma questo sottile particolare una parte del partito sembra non averlo ancora capito. Se Doria si candida come espressione del Pd con alleanza a sinistra, stando alle regole del buon senso, non dovrebbe passare sotto la forca caudina delle primarie. Ma c’è un “ma”. Credo che questa soluzione che sarebbe stata confermata per esempio a Milano qualora Pisapia avesse deciso di ripresentarsi, a Genova corra un rischio lacerante, perché Doria ha diviso la città e il suo partito. Non è riuscito a compattare la comunità intorno a un progetto e i rapporti col partito sono stati confusi e resi ancora più magmatici dalla lista personale del primo cittadino che ha brillato per inesistenza politica e propositiva. Sarebbe una forzatura scegliere Doria per acclamazione. In fondo perché Marta Vincenzi nel 2012 ha dovuto farsi massacrare dentro il suo partito allora comandato dal Governatore? Doria, in ogni caso, avrebbe qualche possibilità di vincere le eventuali primarie in assenza di contro-candidati forti e sostenuto dagli alleati della sinistra, ma troverebbe serie difficoltà a battere al ballottaggio un candidato per esempio grillino.
L’intervista del vicesindaco Bernini è divertente. Infatti, unico nel suo partito ormai mollo come una panissa, tira fuori le palle e non le manda a dire in particolare proprio all’ex governatore. Gli ricorda senza mezzi termini di essere l’artefice del disastro regionale (“non basta scegliere un candidato più giovane” per essere innovativi) ribadisce che l’uomo di Marzano non ha ancora capito i motivi della sconfitta e lo invita a rilassarsi anche verbalemente.
In tutto questo intreccio di pasticci il povero commissario Ermini deve districarsi.
Ma forse una grande assist per Genova c’é. Verificata la volontà del premier Renzi di portare a casa entro luglio la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale, potrebbe, dopo amministrative e referendum (si o no al suo governo) in caso di vittoria, voler raccogliere velocemente i consensi e quindi schiacciare sull’acceleratore delle elezioni politiche , magari anticipandole di un anno, dal 2018 al 2107, magari insieme alle amministrative per il Comune di Genova. Per noi sarebbe un bel colpo, perché il vantaggio di andare al voto a braccetto delle politiche o subito prima, farebbe di Genova un teatro importante sul piano nazionale con possibili ricadute anche sul piano dell’attenzione e della considerazione.
Fantapolitica? Mica tanto.
politica
Pd, il rischio di scegliere Doria per acclamazione
Spicchi d'aglio
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