porti e logistica

L'identikit del prossimo sindaco? "Uno che faccia partendo dalle piccole cose"
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Lui che fu tra i primi a stringere rapporti con l'Iran non poteva mancare all'incontro romano col presidente Rouhani. Augusto Cosulich, armatore, uno dei guru dello shipping genovese, racconta a Primocanale le prospettive economiche del settore e le sfide internazionali, senza perdere di vista la realtà locale. “Al porto di Genova serve subito un presidente vero, uno che ci conosca bene”, dice durante l'intervista condotta da Mario Paternostro e Franco Manzitti.

Come nascono le vostre realazioni con l'Iran?
È una storia datata. Nel 1970 mio padre ha viaggiato a Teheran e ha cominciato a lavorare per la compagnia di stato. Abbiamo mantenuti i rapporti anche dopo caduta dello scià. Poi sono arrivate le sanzioni e abbiamo dovuto bloccare la nostra joint venture, un'attività importante. Ma in quel momento abbiamo acquisito un altro business in Turchia. Ora il rapporto con l'Iran è pronto a ripartire. Le navi iraniane verranno in Italia, anche a Genova. A Roma con Rouhani c'era la caccia all'oro da parte degli imprenditori. E noi siamo molto bravi in questo.

È vero che lei ha una casa a Teheran?
No, lo dicono per giustificare la mia presenza costante negli ultimi mesi. È una città triste, c'è un traffico sostenuto con forte inquinamento. Gli iraniani sono un popolo stupendo, parlano tutti molto bene inglese. Si vede che c'è grande volta di costruire, sembra di essere alla vigilia di una grande svolta, come è stato per la Cina.

E la Cina com'è adesso? Lei ne ha visto tutto lo sviluppo.
Tutti se ne lamentano perché dicono che è in crisi, ma ricordiamoci che è pur sempre un popolo che cresce a ritmi sostenuti. Si stanno dando regole importanti, sono fiducioso che il mercato riprenderà. C'è stato un boom economico difficile da controllare, questo sì.

Lei lavora con iraniani, cinesi e turchi. Ma è vero che lavorare coi cinesi è difficilissimo?

In generale quello dello shipping è un mondo a parte, dove una semplice stretta di mano ha un valore immenso dappertutto. Noi lavoriamo molto con le compagnie statali, e tutte hanno norme interne molto rigide. Bisogna entrare nel loro pensiero, è difficile decidere perché bisogna contattare molte persone. La politica cinese è imprevedibile, ma anche quella iraniana.

Certe rigidezze diplomatiche, come le statue nude coperte che hanno fatto discutere, ci sono anche nel mondo commerciale?
Cerchiamo di essere molto flessibili coi nostri partner. Forse la storia delle statue è stata esagerata, anche senza coprirle non sarebbe successo nulla. Ma i francesi che hanno insistito per offrirgli il vino, quella è stata una gaffe abbastanza sgradevole.

Chi c'era alla cena con Rouhani?
Poche persone, tra cui sei ministri italiani e imprenditori molto importanti, a cominciare da Marchionne.

Noi italiani cosa possiamo sperare dalle relazioni con l'Iran?

Il fatto che Rouhani sia venuto prima in Italia e poi in Francia dà l'idea dell'importanza riconosciuta al nostro Paese. E poi lì c'è da esportare tutto: il made in Italy, il food, gli impianti industriali. Tra i genovesi c'era anche Messina, anche loro sono interessati a sviluppare rapporti. Noi siamo molto ben piazzati rispetto ad altri Paesi occidentali.

E Renzi come si è comportato?
Bene, è cresciuto molto in quest'ultimo anno. Ha una grandissima voglia di fare e sa vendere bene il prodotto Italia. Su certe cose serve e su altre no, ma ce la mette sempre tutta.

Vista dal suo angolo visuale, sembra che le crisi mondiale sia ormai superata. È così solo per voi imprenditori?
Noi vediamo un po' di ripresa. Dobbiamo tutti tirarci su le maniche, imprenditori e politici, e andare in giro. Bisogna muoversi, non stare in ufficio. Ogni imprenditore deve poter spaziare, acquisire e fare il suo lavoro. È un lavoro gestionale, ma anche e soprattutto di sviluppo.

Su quali campi vi state muovendo? Solo lo shipping o altro?
Con la Cina abbiamo intrapreso anche un'attività di trading. Con l'Iran stiamo cercando di fare lo stesso.

Parliamo ora di Genova. È d'accordo con l'ex procuratore Di Lecce, che ha paragonato Genova ha una bella nave con un equipaggio difficile?
Genova ha potenzialità veramente enormi, e la politica non ci ha aiutato. Abbiamo una situazione difficile in autorità portuale. Non me ne voglia l'ammiraglio Pettorino, per cui ho una stima enorme, ma noi abbiamo bisogno di un presidente del porto che sia uno di noi, uno che conosca il mestiere. Che poi venga da Amburgo, Trieste o Londra non mi interessa.

Serve un politico?
Non mi interessa, serve una persona d'esperienza, in grado di sviluppare questo porto.

Ma il porto funziona o no? I numeri dicono che i container aumentano, ma cosa vuol dire?
Sì, aumentano anche perché abbiamo terminalisti molto in gamba, in primis Aldo Spinelli. Un terminalista vero, in banchina dalle sei del mattino. Ma c'è molto da fare in questo porto.

Ma non c'è il rischio che un aumento dei traffici venga soffocato da infrastrutture carenti?
Certo. Per questo bisogna avere una presenza forte in Autorità Portuale e a Roma per risolvere i problemi legati alla cultura del traffico

Allora vedrebbe bene un imprenditore?
Non necessariamente. Basta un esperto di porti, uno che ci conosca e che conosca l'ambiente.

L'impressione, però, è che il porto sia un po' una lobby ristretta. Non ci si dovrebbe aprire all'esterno?
Imprenditori non genovesi già ce ne sono, ma è anche giusto che ci sia una forte componente locale.

E se arrivasse un non italiano le andrebbe bene?
Va benissimo, ma deve conoscere la materia. Quando Franceschini ha messo al vertice dei musei dirigenti stranieri di una certa competenza, io ero favorevolissimo. Si può fare la stessa cosa per i porti, ma facciamola. E facciamo presto.

Sulle concessioni ha ragione Spinelli? Andrebbero prolungate oltre i vent'anni?
Secondo me a chi investe bisogna offrire concessioni adeguate all'investimento che fa. Bisogna imporre regole strette, ma non si può dare dieci anni a uno che investe 200 milioni. La durata della concessione deve essere correlata all'investimento con garanzie solide, anche sui volumi.

Le va bene il sindaco di Genova?
È una bravissima persona, ma gli sono piombate addosso cose più grandi di lui. Una critica che gli muovo è di non aver mai risolto il problema della Fiera. Noi ci siamo mossi diverse volte per cercare di sviluppare quella zona e il sindaco non ha avuto il coraggio di andare avanti nonostante le polemiche di Ucina e altri.

Lei nel Blue Print ci crede?
'Ni'. I soldi non so dove li prendono. E poi la burocrazia è troppo lenta.

Sono silenti gli imprenditori genovesi?
Ce ne sono alcuni molto validi. Forse si sono stancati perché ci sono poche occasioni di incontro.
Ci sono meno feste meno inviti. Si restringono i salotti. Se non ci si parla, uno rimane arroccato e vengono fuori le invidie tipiche genovesi.

Mancano un po' i leader che catalizzano?
Si sente la mancanza di Garrone, ma anche di altri. E poi ognuno sta rintanato nel proprio scagno e non contribuisce a parlarsi e inventare qualcosa.

Che sindaco vorrebbe nel 2017?
Prima di tutto un sindaco che fa. Anche le cose piccole, con le limitate risorse che ha. Mi rendo conto anche che è facile criticare per un imprenditore come me che non ha mai voluto impegnarsi. Ma a me piace correre in giro per il mondo, e anche per strada.

Parliamo un po' di giovani. Spiace sentir dire che debbano andare per forza via di Genova. La città è in mano agli ottantenni.
Sono d'accordissimo con lei. Uno dei miei principali obiettivi è assumere. I ragazzi vanno molto fuori, ai nostri tempi non lo facevamo perché costava troppo. Ora c'è questa moda di andare a studiare all'estero. È bello da un lato, ma allontana. Però ho sempre la speranza che i ragazzi tornino.

Lei che consiglio dà ai giovani che vogliono farsi assumere?
Devono essere entusiasti, aver voglia di lavorare tanto senza guardare l'orario, pronti a viaggiare. Devono parlare perfettamente più lingue possibile e avere tanta fame di fare.