Caro Direttore,
Ho avuto il piacere ieri di partecipare alla tavola rotonda sull'Informazione presso di Voi. Il Vostro Gruppo ha piacevolmente (a mio gusto) deciso di puntare tutto su di un'informazione di qualità e focalizzata sulla realtà locale e, giustamente, avete lanciato un "grido di dolore" ai rappresentanti delle Istituzioni presenti affinché gli investimenti e il lavoro professionale profuso dal vostro Media Group, così come quello profuso da vostri leali competitor, sia fattivamente difeso dall'aggressione di mercato di soggetti che invero non fanno informazione, ma piuttosto creano dei contenitori in cui vengono rilanciate le notizie elaborate da veri professionisti, magari condite da lanci "gridati" che attirino click e quindi pubblicità sulla rete.
I vostri ospiti si sono sostanzialmente divisi tra sostenitori del libero mercato e della sua capacità di autoregolamentarsi e sostenitori della necessità di istituire forme cogenti di controllo e organismi che le attuino, senza però giungere ad una definitiva proposta di tutela.
Io vorrei spostare l'attenzione su di un diverso punto di vista. Secondo autorevoli scuole di pensiero, la Comunicazione la fa chi ascolta (o legge, nel caso di internet). Nel 2015 una ricerca dell'OCSE, tuttavia, ha evidenziato come il 47% degli italiani soffra di analfabetismo funzionale. Cosa significa? Che secondo tale studio gli italiani si informano, votano e vivono seguendo soltanto una capacità di analisi elementare, che non solo fugge la complessità, ma che anche davanti ad un evento complesso è capace di trarre solo una comprensione basilare.
In pratica, quindi, un 47% della popolazione non sarebbe in grado di distinguere tra la realtà dei fatti e la narrazione degli stessi. Detto più semplicemente: non sarebbero in grado di capire se il contenuto di un articolo sia affidabile e reale o se sia opera di elaborazione fantastica. Mettendo insieme questi due aspetti, temo di dover trarre la conclusione che l'investimento in informazione di qualità non possa essere autonomamente remunerativo, ma richieda invece una tutela forte ed incisiva da parte delle Istituzioni.
Tuttavia tale tutela non può derivare solamente dall'effettuazione di verifiche legali o amministrative sui soggetti presenti sul mercato, anche perché questo potrebbe rivelare delle complessità non superabili agevolmente (pensiamo ad esempio a siti che siano localizzati in paesi esteri difficilmente "permeabili" al controllo italiano).
Lo Stato, invece, dovrebbe intervenire primariamente per ridurre la citata percentuale di analfabetismo funzionale, con investimenti ad hoc ed una visione a medio lungo termine e non con manovre populiste. Una popolazione consapevole che sia in grado di discernere tra informazione di qualità e informazione gridata modello tabloid sarebbe la vera garanzia per tutti gli operatori seri del mercato e permetterebbe dunque di valorizzare realmente professionalità e investimenti.
Da come vi conosco, Primocanale ha sempre cercato di aiutare il suo pubblico a capire gli avvenimenti e ad approfondirli. Se ci pensate un attimo, anche questo è Servizio Pubblico.
*commercialista e tesoriere del Partito Democratico in Liguria
politica
Per tutelare l'informazione di qualità bisogna ridurre l'analfabetismo funzionale
L'intervento
2 minuti e 30 secondi di lettura
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