Lo aveva detto il consigliere regionale Michelucci: “Senza la Val di Magra non si vince”. E in effetti, gli orlandiani del partito, con un candidato (Barli) debole e praticamente assente a Sarzana, hanno pagato soprattutto questo: non avere consensi in quel territorio.
D’altra parte la politica sarzanese e della Val di Magra, da sempre, conta più di quella spezzina: il Pci, Pds, ds, e ora il Pd, ha coltivato qui gli uomini di maggior peso politico. E oggi è ancora così: è vero Spezia ha un ministro, Orlando, probabilmente uno dei migliori ministri del Governo Renzi. Ma in Liguria il suo carisma è molto limitato. E la spaccatura pesante tra lui e Raffaella Paita, alla fine, deteriora entrambi.
I sarzanesi invece, da Caleo a Michelucci, da Cavarra a Baudone, hanno dimostrato di saper restare uniti, nonostante scontro che però si consumano prevalentemente dentro le stanze di piazza Matteotti. Sarzana coltiva giovani amministratori, che si prendono spazio e autonomia.
Negli ultimi anni i “vecchi” Forcieri e Guccinelli sono stati messi da parte, avevano sparato contro i nuovi e sono rimasti impallinati. Hanno cercato fortuna fuori dai confini della Val di Magra. E al prossimo giro rischiano di essere definitivamente “rottamati”.
Agli emergenti spezzini, invece, sembra mancare il coraggio di prendersi il partito. I diktat di Orlando e Paita incidono pesantemente sulle scelte politiche dei loro seguaci: e la giunta di Spezia si è sgretolata soprattutto per questo, con Federici che è stato indotto a cacciare un assessore che si era ribellato all’autorità di Raffaella Paita, e tre assessori orlandiani che si sono dimessi, sacrificandosi in nome di una corrente che ora è molto più debole di prima. A Sarzana non sarebbe potuto succedere.
IL COMMENTO
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