Bottiglia più, bottiglia meno, il caso del latte genovese sta facendo discutere, e non solo. Le parole si stanno trasformando in atti, cambi di ordini, soldi che la Parmalat sta perdendo. I market registrano un calo di vendite, i bar pensano di cambiare fornitore. I municipi Ponente e Valpolcevera appoggiano il boicottaggio e bollano come "vergognosa" la scelta di Parmalat, che ha proposto un contratto ribassato ai produttori dell'entroterra. Ma la faccenda è più complessa.
"In ballo c'è la sopravvivenza di 80 famiglie genovesi", è il grido d'allarme lanciato da Luca Maestripieri, segretario generale Cisl Liguria. "Un boicottaggio sull’onda emotiva aggiungerebbe danno al danno: nuovi disoccupati i cui problemi si sommerebbero a quelli degli agricoltori sul territorio. Presso la piattaforma Parmalat di Bolzaneto lavorano infatti 50 agenti con contratti atipici del terziario e 27 dipendenti diretti".
L'azienda, da parte sua, ha assicurato con un post su Facebook che il latte venduto come Parmalat è 100% italiano. Altre fonti sono sicure che la scelta di non comprare più latte dagli allevatori liguri allo stesso prezzo di prima sia il preludio all'approvvigionamento in Est Europa, in Francia, o forse addirittura in Cina. Per Maestripieri si tratta di "una favola". Ma ciò che più ha infastidito cittadini e istituzioni è il danno ai piccoli produttori locali.
"La presa di posizione della Parmalat è vergognosa, non possono essere usati altri termini", attaccano i presidenti di municipio Iole Murruni e Mauro Avvenente, rispettivamente Valpolcevera e Ponente. "Le multinazionali agiscono solo per accumulare ricchezza. Bene hanno fatto i cittadini dotati di libero arbitrio" a scegliere di "non consumare prodotti di aziende che intendono massacrare il delicato tessuto dell'entroterra, composto da molti giovani che presidiano il territorio".
Per Maestripieri una soluzione potrebbe essere affrancarsi da Lactalis e acquistare un pastorizzatore per "creare una filiera genovese del latte che possa assorbire prodotto e occupati. Occore ragionare a mente fredda e creare un piano che ci consenta in tempi medio-brevi di uscire dall’empasse", ma senza iniziative all'insegna dell'emotività che rischierebbero di creare altri danni.
Le ripercussioni della campagna di boicottaggio, sostenuta da molti genovesi sui social - alcuni anche illustri, come Don Valentino Porcile - non hanno tardato ad arrivare. "Vendiamo meno Parmalat e Oro, e se continua così compreremo più bottiglie di altre marche", spiega il titolare di un market in salita del Prione a Genova. "La gente ne parla ma le vendite per ora sono le stesse" afferma un altro responsabile di supermercato in piazza Sarzano.
"Noi usiamo Parmalat ma stiamo pensando di cambiare", spiega una barista di stradone San'Agostino. "Mi sono già informata con il fornitore. A casa mia non lo compro più". "Noi ci stiamo ragionando", dice una giovane barista di salita Pollaiuoli. In piazzetta San Donato la latteria conferma: "Ne vendiamo poche bottiglie ma la gente si informa e se noteremo che non vuole più il Parmalat cambieremo fornitore".
cronaca
Caso latte, i genovesi boicottano Parmalat. I sindacati lanciano l'allarme: "A rischio 80 lavoratori"
Ordini e acquisti in calo, Maestripieri: "Così si aggiunge danno al danno"
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