cronaca

Intorno al titolo, speculazione e grandi manovre
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La buona notizia è che la Bce concede a Banca Carige un mese in più per presentare il nuovo piano industriale e il piano di medio termine. Quindi, si va al 30 giugno. Entro la precedente scadenza del 31 maggio l'istituto invierà a Francoforte le linee guida dei due documenti, ma l'amministratore delegato Guido Bastianini avrà più tempo per definirne i dettagli.

La boccata d'ossigeno è importante perché consentirà di elaborare meglio le strategie, alla delle possibili evoluzioni sia di bilancio sia di sistema.
Quanto al primo aspetto, la chiusura dei conti trimestrali riferiti a gennaio-marzo è in chiaroscuro. Il passivo è in leggero miglioramento (41 milioni contro 45,5 dello corrispondente periodo 2015), ma sul versante della raccolta e degli impieghi, così come del margine di interesse, c'è una flessione che è l'indicatore di una criticità da superare.

Per quanto riguarda lo scenario sistemico, i punti chiave sono due: la cessione dei crediti deteriorati, che al netto ammontano a 3,6 miliardi, e le prospettive di una possibile fusione. Nel primo caso, Carige sembra da una parte orientata a fare un recupero in proprio, selezionando le posizioni migliori (a tal proposito Il Secolo XIX riferisce della costituzione di una task force interna ad hoc), e dall'altra a ricorrere magari al sostegno di Atlante, il fondo creato proprio per rilevare le sofferenze bancarie.

La questione crediti deteriorati può incrociare anche l'altro punto chiave, quello dell'aggregazione. A suo modo lo dimostra l'offerta arrivata dal fondo Apollo, pur respinta sebbene con la disponibilità ad aprire un negoziato vero e proprio (quella degli americani era una proposta unilaterale), che puntava ad acquisire sia i crediti sia la maggioranza azionaria di Carige.

Al momento, però, sull'intero comparto bancario gravano una serie di incertezze da rendere impronosticabile con chi la banca ligure potrebbe avviare una trattativa per convolare a nozze. E, comunque, bisognerà vedere anche come il piano industriale e quello di medio termine declineranno le previsioni di assestamento e sviluppo, al di là di certe azioni come la riduzione dei costi, già avviata con il ridimensionamento dei consigli delle controllate piuttosto che delle consulenze.

Su tutto, poi, grava l'incognita di quanto sta avvenendo in Borsa.
Questa è la cattiva notizia: il titolo mantiene un trend di debolezza che ormai sembra andare oltre le operazioni puramente speculative che tengono sulle montagne russe un po' tutte le aziende del settore.

Nel caso Carige, cioè, sembra esserci qualcosa d'altro. Traducibile in manovre che tendono a mantenere il titolo su una valutazione molto bassa (certo più di quanto lo giustifichino i cosiddetti fondamentali) con l'obiettivo neppure tanto nascosto di rendere contendibile la banca appena saranno sistemati determinati tasselli.

In tal caso, però, siamo di fronte alla logica di un assalto alla Carige anche in termini di Opa (offerta pubblica d'acquisto) ostile, non di una fusione negoziata con un soggetto pre-identificato. Questa è l'eventualità peggiore per la nuova compagine azionaria guidata dal Gruppo Malacalza e sconta anche scenari più ampi come l'opzione di aggregare Carige a banche uscite dal fallimento e successiva rimessa in bonis (vedi Etruria e le sue sorelle) di cui si era vociferato a valle dell'offerta di Apollo.

Come si vede, la situazione è in continua evoluzione. Carige sta compiendo tutti gli sforzi necessari per rimettersi in linea di galleggiamento, ma la sensazione è che intorno ad essa la madre di tutte le battaglie non sia ancora davvero cominciata.