Davanti all'inesorabile lentezza dello spoglio elettorale in queste amministrative, mi è venuto in mente il tempo magico del Ministero degli Interni, il Viminale, macchina perfetta agli ordini del politico genovese più importante del Dopoguerra e anche di più: il democristiano Paolo Emilio Taviani.
Taviani, Pet per gli amici, con l'abbreviazione del suo nome di battesimo, ha avuto per anni e anni, fino al 1975, nelle mani quel dicastero così importante. Gestiva, quindi, le elezioni da perfetto organizzatore, perchè credeva fermamente nella sua macchina prefettizia, sapeva costruire, negli anni durante i quali sedette al Viminale, con i piedi sotto la mitica scrivania che fu di De Gasperi, una perfetta sintonia tra i prefetti-direttori generali, che sfornavano i dati elettorali a Roma e le prefetture sul territorio.
Una agonia di risultati come quella dell'altra notte, sotto il regno del ministro NCD Angelino Alfano, con i risultati di Savona al contagocce, le prime due sezioni annunciate tre ore e 12 minuti dopo la chiusura dei seggi, era impossibile a quell'epoca nella quale non esisteva l'informatizzazione dei dati, l'elettronica e il computer che sforna tutto in una botta sola.
Allora si lavorava con il telefono old style, la leggendaria “Batteria” del Viminale, un supercentralino che teneva in rete tutta l'Italia, le matite copiative e funzionari precisi come orologi. Se ci fosse stato un ritardo come quello della ultima serata elettorale, con il Paese e tutti i sistemi mediatici annaspanti tra exit poll, proiezioni e vuoti totali di risultati ufficiali, Taviani avrebbe fatto saltare la testa di qualche decina di prefetti, non per cattiveria, ma perchè non si poteva sbagliare. Le elezioni venivano minuziosamente preparate prima con istruzioni previste calcolando la necessità di essere esatti alla percentuale, ma anche di non tenere il Paese sulla corda per troppe ore.
Mi è capitato di vivere decine di quelle nottate elettorali, sia dentro ai giornali, ma anche al Viminale come speaker di Taviani stesso e ricordo, sopratutto in questa seconda veste, come il ministro fosse inesorabile nel pretendere l'efficienza nella trasmissione dei dati dalla Prefetture a Roma, ma anche nell'assicurarsi una immediata trasmissione dei numeri alle fonti di informazione.
E allora non c'era Vespa in agguato, non c'era tutto il sistema mediatico di oggi, non esistevano i sondaggisti, le società che elaborassero exit poll e proiezioni. Esistevano solo i dati ufficiali, sfornati sulla carta, con le matite copiative delle prefetture, che pulsavano in tutto il territorio.
Non si era mai arrivati, con questi mezzi - carta e matita contro il computer più veloce - a concludere lo spoglio di un Comune come Savona alle 10 della mattina dopo. Il ritardo clamoroso della scorsa notte è stato solo attutito dal fatto che exit poll e proiezioni (dove esistevano) colmavano il vuoto di comunicazione. Certo, il mondo era diverso, i partiti erano sempre quelli “storici” e non c'erano i florilegi di liste di oggi e il dedalo delle sigle, degli obblighi di genere. La sfida del Viminale era solo con la potentissima macchina organizzativa del PCI che, attraverso la rete capillare dei suoi rappresentanti di lista, gareggiava con il Ministero su chi arrivava primo.
Ve lo immaginate oggi un partito che sia in grado di controllare il territorio elettorale e di sfidare Angelino e i suoi? Una corsa tra lumache e un risultato finale da altri Pesi e latitudini, come certe elezioni sud o centro americane, con il risultato proclamato a giorni, perchè la macchina è lenta o perchè il dittatore vuole manipolare con tranquillità. Viva la trasparenza, ma anche l'efficienza e se un paese si misura dalla velocità con cui proclama i suoi esiti elettorali...
politica
La lumaca elettorale di Alfano e i signori prefetti di Taviani
Alle Comunali l'agonia dei risultati fino alla tarda mattina del lunedì
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