porti e logistica

Ha frazionato i lavori per evitare la gara: un anno di reclusione
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Andrea Pieracci, già direttore tecnico dell'Autorità portuale di Genova, è stato condannato a un anno di reclusione con la sospensione condizionale e la non menzione e all'interdizione dai pubblici uffici per un anno perchè accusato di abuso d'ufficio in relazione ai lavori di rifacimento del lucernaio dell'Autorità portuale in concessione a Csm spa (Centro smistamento merci) nel porto di Genova. Pieracci, difeso dall'avvocato Carlo Biondi, è accusato di avere frazionato "artificiosamente" il lavoro necessario in cinque distinti interventi ciascuno non di importo superiore a 40.000 euro.

Secondo l'accusa sostenuta dal pm Massimo Terrile Andrea Pieracci avrebbe frazionato sotto la soglia che permette l'affidamento diretto dei lavori senza fare una gara. I fatti risalgono al periodo 2009-2010 e sono riferiti all'emissione di cinque distinti ordinativi (tre in data 6 ottobre 2009 per gli importi di 40.000, 25.000 e 40.000 euro; uno il 27 ottobre 2009 per 34.000 euro e uno il 28 aprile 2010 per 40.000 euro).

I lavori per complessivi 179.000 euro erano relativi al rifacimento della copertura del lucernaio perchè c'erano delle infiltrazioni piovane pericolose per l'attività che viene svolta nel magazzino. L'avvocato Carlo Biondi, difensore di Pieracci, al termine dell'udienza, ha commentato: "l'accusa è assolutamente erronea perchè ben tre dei preventivi erano superiori alla soglia consentita di 39.999 euro contestati dal pm e, quindi, non potevano essere frutto di un artificioso frazionamento da parte del mio assistito perchè ciò non avrebbe avuto alcun senso.

"Questo perchè - ha spiegato il legale - non avrebbero potuto, neppure apparentemente, far sembrare lecito qualcosa di illecito.
Tanto più che questi pagamenti erano stati autorizzati e disposti dagli organi superiori all'ing. Pieracci: dal direttore di ragioneria e dalla segreteria generale dell'Autorità portuale".
"L'imputato - ha proseguito - avrebbe dovuto essere assolto perchè una condanna, come invece è avvenuto, avrebbe violato il principio di corrispondenza tra accusa e sentenza. Pur non conoscendo ancora le motivazioni della sentenza che sarà immediatamente appellata - ha concluso l'avvocato Biondi - è innegabile che, a fronte di un'accusa sbagliata, corrisponda un sentenza che lo è altrettanto".