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Il dibattito sulla crisi del partito in Liguria/5
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Anche Francesco Gastaldi (*), professore associato di urbanistica, Università IUAV di Venezia, entra nel dibattito lanciato da Primocanale sulla crisi del Pd locale.

Il dibattito promosso da Primocanale sul futuro del PD genovese va seguito con attenzione per la rilevanza che il tema può avere sulle dinamiche amministrative del futuro. Come osservatore delle questioni socio-politiche della città, sono d’accordo su alcuni aspetti sottolineati nei precedenti interventi, ma ne mancano alcuni, secondo me fondamentali.

La crisi del PD non è solo quella di un partito che a Genova è sempre più distante dal sentire comune delle persone, non ha un progetto chiaro (e chiaramente identificabile) per la città e propone scelte che spesso risultano essere poco efficaci, è anche la storia un apparato che negli anni è diventato sempre più sistema clientelare capillare e diffuso.

I cittadini però di questi sistemi clientelari si sono un po’ stufati, non ne possono più di rendite di posizione che premiano sempre gli insider a svantaggio della collettività complessivamente intesa e che si perpetuano da generazioni politiche! E’ un sistema che premia pochi (spesso nel breve periodo), ma che ha conseguenze per tutti (e le avrà per molti anni).

Aggiungiamo a questi aspetti un ricambio della classe dirigente che spesso è risultato non all’altezza delle sfide che oggi Genova deve affrontare, sfide sempre più complesse, in tempi di crisi e in un mondo sempre più globalizzato dove i sistemi urbani competono fra di loro per intercettare opportunità di sviluppo economico.

Le città non possono stare ferme, devono continuamente mettere in campo strategie di rilancio, visioni e scenari di cambiamento. Gli abitanti vogliono e chiedono futuro, la crisi ha accentuato tendenze già in atto, non è un caso che anche a Genova il boom del M5S e della Lega Nord si verifichi in molti quartieri ex industriali e in molte aree dei antico insediamento “rosso” come la Val Polcevera, in molte zone di edilizia residenziale pubblica e in molte aree a forte degrado. Si tratta di zone dove la presenza delle istituzioni pubbliche appare sempre meno rilevante e sempre meno efficace rispetto alle problematiche emergenti (qualità e sicurezza urbana, disoccupazione, precarietà sociale).

La “cartina di tornasole” di questo cambiamento è stato il voto registrato a Sampierdarena alle ultime regionali. Nel 2005 la lista Uniti nell’Ulivo intercettava a Sampierdarena 9.313 voti, nel 2015, 10 anni dopo, la lista PD ha ottenuto 3.205 voti (quasi un terzo). Se poi analizziamo le preferenze, nel 2005 a Sampierdarena ne venivano espresse 3.840 (nome del candidato consigliere accanto al simbolo della lista), nel 2015 le preferenze espresse nella lista PD sono state solamente 730 (un quinto rispetto a 10 anni prima). Si tratta di cambiamenti che segnano una inversione di tendenza storica e strutturale nei comportamenti elettorali.

Il PD genovese si è accorto di tutto questo o pensa di compensare il tutto con riflessioni autoreferenziali, caminetti, riunioni di elitarie fra Albaro e Castelletto, spesso parlando di un mondo e di una realtà socio-economica che non c’è più?