
Non possiamo permetterci che il dibattito post elettorale si concluda in modo approssimativo e senza l'assunzione di decisioni e comportamenti nuovi.
C'è poco da dire: confrontata con dati di cinque anni fa, la tornata elettorale segna un arretramento significativo del Partito Democratico, con una crescita dell'astensionismo e con il cambio di direzione, in molte realtà, sia verso il Movimento 5 Stelle sia verso le coalizioni di centrodestra.
Questo è il dato nuovo, il PD perde centralità e cede amministrazioni in due direzioni che si direbbero contrapposte. In realtà, il voto dimostra come gli elettori del centrodestra e del Movimento 5 Stelle siano complementari nella volontà di escludere il PD dal governo locale e anche nazionale.
Cosa sta succedendo? Sta succedendo che noi viviamo una "sofferenza elettorale" in tre direzioni: verso i giovani, verso il mondo del lavoro dipendente e dei pensionati, verso le periferie.
Queste sofferenze, in parte complementari, mi pare nascano dalla mancata chiarezza sulle prospettive del nostro Paese, dal fatto che la ripresa economica non si sente nei ceti popolari e che la contrazione dei livelli di benessere, in alcuni casi si tratta di vera e propria sopravvivenza, è ancora molto forte.
Non credo che si possa nella sostanza attribuire gli insuccessi a un mancato rinnovamento della classe dirigente a livello locale, anche perché le tendenze sono di carattere generale. Bisogna smetterla di discutere come se noi fossimo "il mondo", ma ragionare su come ci rapportiamo con ampi strati dell'elettorato.
Genova ha di fronte a sé una ristrutturazione industriale di grandi dimensioni, occorre difendere al meglio l'industria esistente, ma anche lavorare per nuovi scenari e per nuove filiere industriali.
E’ necessario confrontarsi con il mondo del lavoro e con i quartieri, assumendo l'atteggiamento di chi non si pone tanto il problema di spiegare, quanto quello di ascoltare e di capire.
Questo principio vale per il partito e anche per l'imminente campagna elettorale per il Comune.
Occorre smetterla con atteggiamenti liquidatori verso un'esperienza amministrativa che ha pregi e difetti e che nasce dal fatto che il Partito Democratico non seppe, all'epoca, esprimere né un giudizio preciso sulla giunta uscente né un candidato unitario.
Allora le primarie avvennero nella sostanza senza un preciso programma, senza una piattaforma elettorale definita, senza un confronto che sciogliesse alcuni nodi. Di questo non si può certamente far carico all'attuale sindaco e giunta. E’ necessario partire perciò da due elementi: gli schieramenti e i programmi.
Io credo che la presunta autosufficienza del PD sia portatrice di nuovi insuccessi. Penso che serva parlare con la gente, costruire un sistema di alleanze sociali e politiche. Sì, sociali, perché ovviamente occorre avere una capacità di confronto aperto con chi ha legami con la società.
Il tema, poi, del rinnovamento dei gruppi dirigenti non è oggi in discussione. Una generazione, la mia, può e vuole solo dare consigli sulla base dell'esperienza. L'onere della costruzione dei processi politici e delle scelte sta a una nuova generazione che deve affermarsi sul campo in una situazione certamente più difficile e complessa.
Mario Margini - Partito Democratico
IL COMMENTO
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