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David Ermini ha chiesto un congresso regionale il prima possibile
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Il commissario regionale ligure del Partito democratico David Ermini ha deciso di fare la cosa più giusta e logica che era nelle sue possibilità e che avrebbe dovuto essere fatta un anno fa: sollecitare la convocazione rapidissima di un congresso regionale per disinnescare le micce che stanno alimentando l’esplosione del Pd e azzerare l’azzerabile, senza sconti, per far ripartire il partito.

Un congresso che lasci la libertà di parola a tutti, lasci la libertà anche di sfogo, perché dopo gli ultimi anni di soffocamento da parte di alcuni padroncini, i militanti vogliono dire come la pensano. I militanti che stanno nei Municipi genovesi, nei sindacati, tra i commercianti e i professionisti, tra i giovani disoccupati, nel centro della città e nelle periferie. I militanti che a fine agosto, nonostante tutto e tutti, distribuiranno con un atavico e inossidabile entusiasmo le focaccette di Vesima mitico prodotto della Festa dell’Unità di Genova.

Il Pd vero, non quello del notabilato, ha desiderio di parlare e di non essere più zittito da quelle frasi fatte colme di equivoci e di interessi, tese a una pericolosa normalizzazione. L’unità del partito è cosa assai diversa dall’omologazione. È fantastico non essere d’accordo e fare in modo che il disaccordo si manifesti (civilmente, senza insulti, senza l’uso esclusivo dei social o delle interviste) come quando, negli anni Ottanta la segreteria del vecchio Pci era contesa fra il rinnovatore Silvio Ferrari e gli Altri, e la fiducia degli iscritti si conquistava con le parole, le idee, nell’agorà di una assemblea dove il primo era entrato segretario in pectore, ma il partito poi decise diversamente.

Giusto che il Pd vada per strada, in piazza, utilizzi i banchetti, esca da via Venti e scopra tutti i militanti che lavorano in Valpolcevera o in Valbisagno. Ma è doveroso che al più presto si conti e si racconti senza censure. Parli del recente passato e del Potere, a volte mal gestito, delle incrostazioni da sciogliere, delle primarie e dei voti della ‘ndrangheta che, in qualche maniera sono arrivati (magari a insaputa) ma a quanto pare c’erano. Parli delle liti e delle asperità spesso eccessive, dei tradimenti e delle fughe come quella clamorosa e non digerita di Sergio Cofferati, di Doria e di chi non lo vuole più, dei vecchi reduci e dei giovani scalpitanti.

E guai se imboccherà la strada indecente della creazione di “casi”. Il “caso Regazzoni” per esempio, o il “caso Fasce”, per altra parte. Ben vengano Michela Fasce e Simone Regazzoni che parlano a ruota libera come facevano i vecchi compagni che magari amavano Mosca come Camillo Bassi. Parlino e abbiano risposte, proposte, rimbrotti, critiche. Ma le purghe che prima dell’assemblea di lunedi qualche sacerdote della sinistra al miele auspicava lasciatele fuori da salita San Leonardo.

Pardon, abbiate rispetto. Ho la mia età…..