Sabato sera di primavera, il ponte dei Rolli con Genova che vibra di bellezza diffusa, di turisti incantati, di storia ricostruita nel segno dei nostri secoli d'oro... ma, attenzione, se fate solo una piccola deviazione verso il cuore della città, nel suo ombelico salottiero, tra la statua di Giuseppe Garibaldi a De Ferrari, l'atrio del Carlo Felice, i nobili portici dell'Accademia, l'imboccatura della Galleria Mazzini, ecco che quell'incanto da febbre del sabato sera si frantuma.
Provate a attraversare l'atrio del monumentale teatro, dopo essere sfilati sotto il pronao, le colonne, le targhe. Un chitarrista pazzo e visibilmente ubriaco suona ballando freneticamente proprio davanti alla biglietteria, un povero mendicante con un cartello al collo “Ho fame”, tende un piattino di lato alla porta d'ingresso del teatro, un altro è accovacciato sul ripiano sotto la galleria che fa da arco all'entrata stessa, tra immondizia sparsa, pozze rinsecchite di urina, turaccioli e bottiglie di plastica gettate via, in un immondezzaio che testimonia l'uso quotidiano del luogo.
Ma non siamo, appunto, nel salotto di Genova, all'ombra del Teatro dell'Opera, che stasera è chiuso, ma pur sempre si chiama Carlo Felice ed ha tutti i quarti di nobiltà della sua sistemazione? Non siamo tra De Ferrari e via Roma, la strada dello shopping elegante, in fronte al grattacielo della Carige, l'ex cassaforte di Genova, quasi all'ingresso della fatale Galleria Mazzini, dove poi ci inoltreremo per continuare a sconfortarci?
No, siamo nel luogo simbolo della non manutenzione, della città sporca e degradata, siamo in un cesso a cielo aperto, in un ricovero perduto, dove quel chitarrista ubriaco ora quasi aggredisce i rari passanti diretti in galleria, come in fuga dallo schiamazzo e dal maleodorante antro.
Come possiamo esserci ridotti fino a questo punto, come può una città abbandonarsi a se stessa senza un minimo di decoro? La Galleria Mazzini, come sappiamo, è un cantiere aperto e inutile perchè mancano i soldi per completare il restauro delle sue nobili vetrate e le impalcature restano come monumenti del provvisorio. Non è oramai provvisoria l'impalcatura finale, quella che si affaccia su Largo Pertini: sta lì da 11 anni, tra pochi giorni i negozianti festeggeranno il compleanno con un lenzuolo con la scritta cubitale “Vergogna”.
Intorno, salendo verso Corvetto, svoltato l'angolo del Teatro, le gallerie di Piccapietra o sono chiuse da cancellate per evitare l'assalto dei barboni o sono altri ricoveri per sventurati che vi soggiornano. Di gran moda ed uso la scala che scende verso il bar Moodie, davanti all'ex Bagnara Sport, dove ora ci sono un Carrefour e un negozio per animali: è diventata la location perfetta per i soggiorni di punkanbestia e senza dimora, che “occupano” i gradini con le loro povere masserizie, con bottiglie di vino e sacchi a pelo bisunti. E qui siamo confinanti con l'edificio della Banca Passadore, sottostanti rispetto alla Piazza Piccapietra, quel non luogo al quale la città non è mai riuscita a dare un'identità e sulla quale si affaccia le redazione de “Il Secolo XIX”.
Chi ci dovrebbe pensare a impedire che, mentre la città turistica cresce a colpi di centomila visitatori dei Rolli, il suo centro ombelicale si trasformi, appena calano le tenebre, ma non solo, in un luogo di abbandono? Certo, se il Carlo Felice installasse finalmente al posto delle ex biglietterie sul fronte della piazza l'atteso bar e desse una dignità permanente al suo atrio, anche quando l'Opera è chiusa, un confine al degrado sarebbe tracciato.
Certo se la Galleria, che a Roma e Milano e in ogni altra città civile come Genova ha il suo rispettabile status di vasca centrale, fosse un vero salotto, storicamente protetto, magari sponsorizzato, il Comune senza palanche non finirebbe con l'abbandonarla al suo destino, come l'avanzo del Bruco di Corte Lambruschini, un cadavere di ferro e plastica mollato dove c'è spazio.
Non ci sono soldi, va bene, ma la dignità della città e quella dei suoi cittadini c'è ancora e ovviamente non solo per il suo centro ex elegante, dove ci si incazza di più perchè è un simbolo. E ora aspettiamoci i candidati sindaci con ramazza e vasi di fiori che vanno a ripulire....
cronaca
L'ingresso del Carlo Felice: se il degrado va all'opera
L'invettiva
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