Intercettazioni, mafia, terrorismo internazionale. Tanti i temi affrontati dal sostituto procuratore della direzione nazionale antimafia e antiterrorismo Anna Canepa, nel corso dell'intervista con Mario Paternostro ai microfoni di Primocanale. E in fondo c'è spazio anche per analizzare la situazione di Genova e i suoi problemi.
Da qualche tempo l'antiterrorismo si è affiancato all'antimafia.
Sì, dal 2015 con la legge 43 all'antimafia si è aggiunta anche l'antiterrorismo.
Intercettazioni. Qual è la situazione? Non ha rilevanza penale, viene pubblicata dai giornali. Ha rilevanza giornalistica. Cosa fare?
E' estremamente disdicevole che venga violata la privacy in questo modo. Non dovrebbero finire sul giornale. Però mi rendo conto che per un giornalista che ha in mano certi documenti sia molto difficile non pubblicarli. Però questo non va bene.
E' sufficiente l'attuale legge sulle intercettazioni? Oppure occorre altro, come affermano alcuni suoi colleghi?
Quello che c'è sarebbe più che sufficiente, soprattutto dopo le ultime direttive arrivate dalle procure italiane che hanno emanato direttive molto più stringenti proprio per evitare che fatti cosi non accadano.
In Parlamento è in discussione una riforma che ha nella prescrizione e nell'intercettazione i suoi elementi nodali.
Esatto, che poi sono gli stessi che ritardano l'approvazione dell'intero pacchetto presentato dal governo. Sono due nodi problematici. L'aspetto che rassicura maggiormente è che nessuno ha più messo in discussione le intercettazioni come strumento investigativo per le indagini. E' uno strumento irrinunciabile, a maggior ragione adesso che abbiamo a che fare con il terrorismo internazionale. Le intercettazioni, ambientale o telematica sono utili per contrastare fenomeni così pervasivi e gravi.
Però c'è da risolvere il problema che queste intercettazioni arrivano ai giornalisti, probabilmente direttamente da parte di qualche pubblico ufficiale.
Questo non deve assolutamente accadere, la privacy è un valore tutelato costituzionalmente. Ci sono sentenze della Corte dei diritti dell'uomo che impongono all'Italia di mettersi in regola su questo aspetto.
Per quale motivo si è deciso di affiancare l'antiterrorismo alla mafia?
I due elementi sono assimilabili. Le formazioni criminali terroristiche hanno molti punti in comune col mafia. Si occupano entrambe del controllo del territorio, del traffico delle armi, del traffico di sostanze stupefacenti. Ci sono molti tratti comuni. Si è voluto capitalizzare al meglio l'esperienza acquisita in questi 25 anni di lotta alla mafia, direzione fortemente voluta da Falcone. La mafia ovviamente non è sconfitta, ma in questi anni si sono ottenuti notevoli successi. Oggi siamo in possesso di una banca dati di grande valore. Con il terrorismo si sta cercando di fare la stessa cosa.
Oggi quando parliamo di terrorismo, parliamo soprattutto di Isis.
E' il problema principale. Ma il terrorismo è entrato nei programmi dei governi a partire dall'attacco alle torri gemelle dell'11 settembre 2001. In Italia da allora abbiamo avuto tre diversi provvedimenti, tutti nati con decreti legge, ma convertiti in legge con larghe maggioranze parlamentari. Questo è un merito che va dato all'Italia.
Quindi l'Isis si può combattere con le stesse armi con cui si è combattuta la mafia?
Le armi sono quelle, a iniziare dal regime derogatorio, come per le intercettazioni. In tema di mafia e terrorismo non ci vogliono i 'gravi indizi' ma sono sufficienti indizi. Basta la necessità, non la indispensabilità. A partire dal 2002 sono emerse le similitudini tra terrorismo e mafia. L'isis è un'organizzazione criminale che nel tempo si è trasformata in Stato. Ha un territorio e su questo territorio esercita il dominio assoluto con il terrore. Utilizza metodi tipi di autofinanziamento praticando sequestri di persona, trafficando in armi e droga. Guadagna più di 3 milioni all'anno. Ha una sua struttura amministrativa, possiede un suo sistema di Welfare. E' diventato Stato.
Vicenda Ong. Nei giorni scorsi è arrivata la denuncia da parte della magistratura per il traffico sospetto di migranti.
E' un settore molto delicato, le Ong svolgono un ruolo importante perchè si occupano materialmente di salvare vite umane. Nello stesso tempo queste organizzazioni fanno gola sotto molti aspetti. Per questo servono strumenti adatti per poter indagare su un sistema così complesso e importante.
Altro argomento, rapporto politica-mafia. Qual'è la situazione oggi?
La cronaca recente dimostra l'esistenza di questi tipi di rapporto. La corruzione è uno strumento molto utilizzato dalle mafie. Basta vedere i tanti comuni sciolti al Nord.
Che città è Genova? Di cosa ha bisogno?
La sensazione dall'esterno è che una città che si sta addormentando, un po' ripiegata su stessa. Questo dipende da una serie di concause. Servirebbe più dinamismo, anche sotto l'aspetto imprenditoriale.
Un altro problema è quello dei giovani, in tanti se ne vanno.
Questo è vero, ma è un problema che coinvolge tutta l'Italia
Collegamenti: Genova è una città isolata?
E' isolata e distante, è una città faticosa da raggiungere. Oggi con l'Alta Velocità è possibile fare il pendolare da Milano con città come Napoli, Roma e Firenze. Da Genova al momento è impensabile
Lei ha svolto per anni l'attività di magistrato a Genova. Come è cambiata la situazione in questi anni? È una città insicura?
E' una città che ha i suoi problemi. La sensazione di insicurezza va dalla microcriminalità ad altri aspetti più rilevanti, basta vedere cosa è successo nel comune di Lavagna (n.d.r. sciolto a marzo per infiltrazione mafiosa). Bisogna stare attenti perchè c'è una criminalità che si è mangiata un pezzo di Liguria, quindi bisogna stare con gli occhi aperti, mai abbassare la guardia.
cronaca
Canepa a Primocanale: "Con la lotta alla mafia studiamo come battere il terrorismo internazionale"
Il sostituto procuratore su Genova: "Città addormentata"
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