cronaca

Si conclude il mandato dell'arcivescovo genovese
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La battuta sul prezzo da pagare al cardinale Angelo Bagnasco per poter entrare a Genova, pronunciata scherzosamente da papa Francesco, spiega bene con quale spirito si conclude il decennio dell'arcivescovo genovese al vertice della Cei, la Conferenza episcopale italiana. Uno spirito di grande confidenza, quasi di amicizia tra il papa venuto dal “mondo alla fine del mondo” e il prelato genovese, che nella primavera del 2007 un altro papa aveva messo sulla cattedra più importante dei vescovi italiani con una decisione anche un po' a sorpresa.


Eppure quando Francesco è succeduto a Benedetto XVI sembrava che i rapporti tra il nuovo Pontefice, che stava incominciando una vera rivouzione nei vertici vaticani, e il cardinale Bagnasco potessero complicarsi. Il nuovo papa stava facendo saltare le gerarchie di vertice della Chiesa e in questa operazione era previsto anche che le Conferenze Episcopali, organi territoriali di ogni diocesi, dovessero rispondere a un altro criterio di scelta del proprio presidente, meno verticistico più “di base”. Con questo criterio che ci azzeccava Bagnasco, presidente della Conferenza più centrale di tutte, perchè così vicina alla santa Sede, al papa, alle Congregazioni?

 

Avrebbe resistito, quella presidenza Bagnasco, scelto anni prima con un'operazione di grande mediazione tra il cardiunale Camillo Ruini, vicario a Roma e da ben 13 anni presidente molto “politico” della Cei e Tarcisio Bertone, il segretario di Stato, ex arcivescovo di Genova? O sarebbe prevalsa l'ondata di cambiamento che Francesco aveva impresso a tutta la Chiesa?

Bagnasco è rimasto in sella, al vertice dei vescovi italiani in una posizione delicatissima fino ad oggi, cioè per dieci anni interi, superando anche il cardinale-principe genovese Giuseppe Siri, che resse la Cei dal 1959 al 1964. Non solo: sul finire del suo secondo mandato il papa lo ha anche nominato presidente della Conferenza Europea dei vescovi, un incarico che resterà anche dopo la conclusione del suo mandato italiano.

Allora questi dieci anni di vertice Cei vanno considerati, ora che si sono conclusi proprio in questi giorni, come una fase importante della Chiesa e personalmente nel percorso di Bagnasco. Sono stati anni complessi quelli, tra Ratzinger-Bertone e Francesco-Parolin, non tanto per le mutazioni così potenti nel governo della Chiesa, che i  laici interpretano sempre con troppa fretta, ma anche perchè il mondo, l'Europa e anche l'Italia sono così cambiati.

Basta pensare che quando, un po' a sorpresa Bagnasco veniva investito del ruolo, non era ancora incominciata la Grande Crisi che avrebbe mutato tanti equilibri nel mondo globale. Basta pensare che allora si incominciava solo a discutere dei principi e dei valori vacillanti dell'Europa, delle radici smarrite anche del cristianesimo in questo Continente, mentre oggi il problema dell'identità culturale ed anche religiosa è così forte e ci fa dubitare molto del nostro futuro.

Il nostro mondo è cambiato, le nostre coscienze sono state travolte da spinte fortissime: l'invasione dei profughi, le grandi migrazioni sulla scia delle guerre, delle carestie, delle persecuzioni , l' ombra nera di un terrorismo così feroce e a forte matrice religiosa, la mancanza di lavoro, la povertà sempre più diffusa anche sulla porta di casa.

Bagnasco ha governato i suoi vescovi in questa emergenza, reggendo il suo pastorale in questa tempesta e continuando a custodire il gregge genovese, in un incessante pendolarismo tra la nostra città e Roma.

Forse la visita del papa a Genova, tra i suoi molti significati, ha anche quello di un riconoscimento per quel lavoro.