Negare l'accesso ai porti italiani alle navi cariche di migranti che battono bandiera non italiana. Il governo alza la voce con l'Europa, al culmine di un esodo infinito dalla Libia che negli ultimi giorni ha riversato sulle coste italiane oltre 12mila uomini, donne e bambini: "I Paesi Ue la smettano di girare la faccia dall'altra parte, perché questo non è più sostenibile - attacca il premier Paolo Gentiloni - Possiamo parlare delle soluzioni, delle preoccupazioni, ma voglio ricordare che c'è un Paese intero che si sta mobilitando per gestire questa emergenza, per governare i flussi, per contrastare i trafficanti".
"Se ne sono accorti, questa è una notizia - ha commentato il presidente ligure Giovanni Toti - "Noi abbiamo scritto e detto molte cose all'Europa e non siamo sempre stati ascoltati con la dovuta attenzione anzi direi che c'è stato da parte dell'Europa una sordità piuttosto netta, talvolta anche ottusa". E ha aggiunto: "Certamente la situazione, in Italia, è fuori controllo da molto tempo, il sistema dell'accoglienza diffusa purtroppo non funziona come avrebbe dovuto, perché i numeri non consentono di farla funzionare come avrebbe dovuto. Oggi abbiamo piccoli paesi che ospitano più clandestini e immigrati arrivati sulle nostre coste che non cittadini residenti".
"Credo - ha continuato Toti - che si debba correre ai ripari, è molto tempo che diciamo che le istituzioni internazionali dall'Europa, all'Onu, all'Alto Commissariato per i Rifugiati se ne devono fare carico. Speriamo che questo ulteriore appello del governo sortisca qualche effetto, mi permetto di restare scettico finché non vedo risultati", ha concluso.
Il primo passo con Bruxelles è già stato fatto: palazzo Chigi, dopo l'incontro tra il premier e il ministro dell'Interno Marco Minniti, ha infatti dato mandato al rappresentante presso l'Ue, l'ambasciatore Maurizio Massari, di porre formalmente la questione con il Commissario per le migrazioni Dimitris Avrampoulos. "La situazione è grave e va affrontata senza più rinvii", dicono fonti di governo.
Un passo concordato anche con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che dal Canada è tornato, per la seconda volta in due giorni, a farsi sentire. "Se il fenomeno dei flussi continuasse con questi numeri, la situazione diventerebbe ingestibile anche per un Paese grande e aperto come il nostro". Anche perché, "contemporaneamente" ai salvataggi e all'accoglienza, va garantita la "sicurezza dei cittadini".
"Si tratta di un fenomeno epocale - ha ribadito il capo dello Stato - che non si può cancellare alzando muri ma occorre governarlo con serietà". Dunque non si torna indietro. Le navi cariche di migranti che si trovano in queste ore ancora in mare, verranno fatte attraccare. Ma già dai prossimi giorni potrebbe scattare il blocco. Quando? La dead line non è ancora stata stabilita ma, ribadiscono fonti di governo, "andiamo avanti" e se dall'Europa non arriveranno risposte concrete entro breve termine, verrà dato ordine alla Centrale operativa della Guardia Costiera - cui spetta il coordinamento dei salvataggi in mare - di non far avvicinare le navi ai porti.
Il blocco inizialmente varrà solo per le navi delle Ong ma che non possa riguardare in futuro anche le imbarcazioni che operano sotto Frontex non è escluso, proprio per ribadire la via di non ritorno intrapresa dall'Italia, che ponella missione Eunavformed. La legge e i trattati internazionali prevedono che ogni salvataggio in mare si concluda con l'approdo in un "porto sicuro". E dunque, viene fatto notare dai tecnici, un qualsiasi scalo a Malta o in Tunisia, ad esempio, ben più vicini dell'Italia.
"Il peso dell'accoglienza - si sottolinea ancora in ambienti di governo - non può gravare solo su di noi, è insostenibile che tutte le imbarcazioni facciano rotta sull'Italia. Salvataggi e accoglienza non possono essere disgiunti". Parole che, al momento, non sembrano essere state recepite fino in fondo a Bruxelles. Se da un lato Avrampoulos ammette infatti che "l'Italia ha ragione" e che non è possibile "lasciare un pugno di paesi ad affrontare" l'esodo da soli, dall'altro rimanda ogni discussione al vertice informale dei ministri dell'Interno in programma a Tallin la settimana prossima e si limita a ribadire che la Commissione è pronta "ad accrescere in modo sostanziale il supporto finanziario" al nostro paese.
In sostanza, più soldi per continuare ad accogliere tutti i migranti che dall'Africa tentano di raggiungere l'Europa. Parole cui fanno seguito quelle della portavoce della Commissione Natasha Bertaud, secondo la quale "è opportuno che qualsiasi cambiamento di politiche sia prima discusso e comunicato nel modo giusto, così da dare tempo alle Ong di prepararsi".
Proposte che servono solo a prendere tempo e rimandare le decisioni, tanto che lo stesso presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani le ritiene insostenibili. "Dall'Italia arriva un grido d'allarme, un sos, non una richiesta di soldi: non possiamo lasciarla sola. Ho parlato con Juncker - dice - un colloquio positivo in cui ha ribadito che l'Ue non può voltare le spalle all'Italia".
politica
L'Italia chiude i porti alle navi dei migranti, Toti: "La notizia è che se ne sono accorti"
Lettera del Governo all'Ue, il governatore: "Europa sorda con noi"
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