All'Entella, per fortuna, i valori morali e umani hanno ancora prevalenza su tutto. La vicenda di Andrea Catellani è l'ennesimo esempio di un presidente e di una dirigenza che guardano l'uomo prima ancora che l'atleta, il dirigente o il manager. Un soggetto può avere qualità professionali enormi, ma non rimarrà nella “famiglia Entella”, se non ha quel qualcosa di diverso che lo caratterizza al di fuori del campo.
Nella conferenza stampa di sabato mattina, dove si dava la triste notizia dell'addio al calcio di Catellani per motivi di salute, ho colto, per l'ennesima volta, un'emozione particolare nei dirigenti che rappresentano la società. La lettera inviata dal presidente Antonio Gozzi, fuori sede per lavoro, ha commosso la platea che ascoltava e lo stesso oratore (il dg Matteo Matteazzi) ha dovuto fermarsi un attimo per il groppo alla gola che lo stava sopraffacendo; alla fine il DG dirà "il presidente sa sempre toccare le corde giuste delle emozioni".
Una discrezione particolare adottata dall’addetto stampa Matteo Gerboni ha fatto in modo che la notizia non fosse data in pasto ai media, ma solo alle persone con una certa sensibilità. Questo ha permesso ai medici di fare le accurate visite senza avere la pressione della stampa e tutelando ulteriormente l'uomo Catellani.
Tutti molto addolorati per la vicenda che toglierà un talento sopraffino di caratura nazionale, dal mondo del calcio giocato.
Andrea da parte sua, ha dimostrato di avere le caratteristiche giuste per entrare a far parte della famiglia Entella e, quando ha preso la parola, ha subito cercato di strappare un sorriso ricordando che si può vivere senza fare calcio, ma non si può vivere con una grave disfunzione cardiaca. In solo sei mesi si è creata, tra lui e la dirigenza, quell'empatia che ha spinto la società a integrare Catellani tra i suoi uomini dirigenziali col ruolo di scouting. Entella una grande famiglia prima ancora di essere una grande squadra.
(Claudio Bianchi – Dilettantissimo)
IL COMMENTO
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