
"Fine dell'Europa" è un complesso e splendido lavoro dell'argentino Rafael Spregelburd che ne ha firmato anche la regia. Un dittico che in uno stile apparentemente leggero e carico di ironia affronta tematiche profonde. La fine dell'Europa è l'ottava e ultima sezione di un dittico (ieri sera si sono viste le prime quattro sezioni, questa sera ci sarà l'integrale e domani sera le ultime quattro) che affronta la crisi del nostro tempo attraverso la "fine" dei confini, dell'arte, della nobiltà, della storia, della sanità, della realtà, della famiglia e, appunto, del nostro vecchio continente.
Spregelburd, approfittando della varietà etnica dei suoi attori, costruisce una babele linguistica: si parte dal tedesco di Brecht-Weill (splendida l'attrice-cantante che si produrrà poi anche in un'aria "barocca" italiana) per passare all'inglese, al francese, allo spagnolo, all'italiano. Il testo racconta otto "fiabe" per adulti adottando tecniche narrative e rappresentative diverse: il dialogo, la narrazione attraverso cartelli, il canto, la mimica, la proiezione visiva, la citazione.
Una mescolanza di soluzioni drammaturgiche che si fondo tuttavia alla perfezione in una compattezza espositiva encomiabile. Parte talvolta da fatti reali per assumerli a "simbolo" di una eclisse, assume atteggiamenti pseudo-epici per celebrare la fine della storia, accompagna la gestualità con la musica ricorrendo spesso, quale naturale e idoneo filo conduttore, alle variazioni sulla "Follia".
IL COMMENTO
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