
Secondo il Censis, nove italiani su dieci affidano domande e ansie legate alla salute al medico più famoso al mondo, il “dottor Google”.
E pochissimo può l'attività di debunking, cioè di mettere in dubbio o smentire utilizzando dati scientifici e storici, le false affermazioni. Può poco o nulla perché il mondo web è costellato di condivisori compulsivi, pronti a diffondere – a rendere virale – nel proprio ambito virtuale un post, privo di fonti che ne attestino la veridicità, ma divertente, curioso o anche nato per costruire destabilizzazione o addirittura odio.
Perché accade questo? I giornalisti online lo sanno bene: per ottenere più visualizzazioni occorre essere molto rapidi, battendo sul tempo gli altri mezzi (e perciò, molto spesso, non verificando la fonte di qualcosa che “gira” in rete). Ma, soprattutto, anche i grandi giornali hanno verificato che le informazioni più “cliccate” (e che quindi piacciono di più agli algoritmi di Google e di Facebook) sono quelle più stravaganti, più esagerate. Ma sono anche quei “click” a chiamare gli inserzionisti pubblicitari.
Spesso, inoltre, le fake news in medicina fanno leva sull’illusione di trovare soluzione alla speranza di guarigione. O servono per verificare le terapie proposte dai medici: non a casa su ogni patologia nascono chat (in genere allarmistiche) dove ognuno può trovare sintomi, effetti collaterali, possibilità di successo o di insuccesso di ogni cura. Salvo verificare che non è la sommatoria di quanto può essere accaduto ad altri – ignoti e dei quali non si conosce se non in modo generico la patologia – a spiegare una terapia.
Ricerche su argomenti legati ai farmaci e alla salute mostrano che milioni di persone puntano sempre di più all'autodiagnosi, non sempre o raramente corretta. Basta un esempio: è stato verificato che tra le frasi più frequentemente cercate su Google.it<http://Google.it> c'è “come leggere le analisi del sangue”. Vale a dire, come farsi la diagnosi.
Alcuni fatti di cronaca, poi, hanno portato a un boom di visualizzazioni di pagine legate, per esempio, al tema della meningite e delle vaccinazioni o – dopo il caso di Dj Fabo – all'eutanasia. Nonostante il rigore sulla vendita dei medicinali, nel nostro Paese aumenta l'interesse per il commercio online di farmaci da banco, mentre restano gettonatissimi i tanti siti che raggiungono gli utenti con spamming per proporre miracolosi rimedi, fra cui pillole blu o gialle a basso prezzo.
Il caso della meningite è emblematico: nel 2016 questa malattia aveva colpito in Italia meno di 3 persone ogni milione di abitanti, eppure la ricerca di temi legati alla meningite all'inizio dell''anno è stato clamorosa, denunciando un'autentica psicosi connessa ad alcune notizie di stampa. In quel periodo sono state contate ben 26 mila pagine web sull'argomento, così come 48 mila sono state quelle sugli effetti collaterali del vaccino contro la varicella e 30 mila quelle sugli effetti del vaccino del morbillo.
Il caso vuole che – in quel mare di pagine – i risultati ufficiali, cioè legati a istituti scientifici o al ministero della Salute, siano, nelle prime pagine mostrate da Google, una parte infinitesimale. La grande maggioranza sono blog, mezzi di informazione online o – come è stato dimostrato – pagine internet il cui unico scopo è il guadagno dai clic sugli annunci camuffati tra i contenuti del sito.
Come "sopravvivere"? Tanto per cominciare andando dal medico e fidandosi di quello che ci dice: evitare cioè il “fai da te” nelle cure e diffidare delle prescrizioni online.
E, se proprio si vuole navigare, cerchiamo almeno di verificare la fonte, accertandoci che la notizia sia aggiornata (spesso internet propone bufale “di ritorno”): non fermiamoci alle prime pagine dei motori di ricerca, diffidiamo degli “scoop” su Facebook, impariamo a distinguere tra informazione e pubblicità.
*Amministratore delegato della casa di cura Villa Montallegro-Genova
IL COMMENTO
La Costituzione, Salis in Lottomatica e la politica di cui non puoi fidarti
Ti ricordi Bilancia? 17 omicidi in sette mesi di terrore