
Così Alberto Pandolfo, liberal, moderato, educato, ma da molto tempo presente, occupa un posto rischioso ma entusiasmante. Guida una maggioranza di "renziani senza Renzi" con l'appoggio degli orlandiani. Ha silenziato anche gli ultras della curva Regazzoni che lanciano proclami spesso ficcanti e giusti, ma troppo tranchant per essere politici. Pandolfo saprà ascoltarli e tradurli nel bonton di una politica che il Pd locale deve ridisegnare da zero.
Un partito da ricostruire, ma soprattutto un rapporto con gli elettori da inventare dopo gli strafalcioni compiuti con le regionali e le ultime comunali dalle falangi burlandiane. Non si tratta di bazzicare in qualche quartiere o scrivere inutili comunicati di adesione. Bisogna vivere la città, i suoi bisogni e disagi. Senza scelte ideologiche a parte quelle irrinunciabili. Il Pd dovrà imparare dagli ultras regazzoniani a parlare di sicurezza, di pulizia, di ordine, di argomenti che hanno allontanato dal vecchio partito migliaia di votanti popolari. Non i voti sfuggenti della buona borghesia che ha amato Renzi e ora lo ha prontamente scaricato avendo a Genova due cavalli vincenti come Toti e Bucci.
Il lavoro di Alberto Pandolfo sarà titanico. Interno e esterno, innovatore e tradizionale. Non potrà permettersi di perdere quelli che stavano con Bersani, quelli delle ex fabbriche o del porto. Dovranno aiutarlo Roberta Pinotti e anche il bravo ministro della Giustizia che pochi giorni fa dai microfoni di Spritz ha raccolto l'elogio prezioso di un magistrato serio come il presidente Claudio Viazzi, un signore che non scherza sulla giustizia e che non rinnega le sue idee quando mantenerle salde non inficia l'indipendenza sacra della magistratura.
Dopo le regionali siciliane potrebbero cambiare alcune cose dentro il Pd e Orlando e Pinotti potrebbero far pesare un atteggiamento più collaborativo con la sinistra non certo quella da operetta di D'Alema e dei suoi"bravi". E il nuovo Pd genovese potrebbe diventare un esperimento interessante. Tanto per cambiare.
IL COMMENTO
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