Nella grande trasformazione genovese da città industriale o post industriale o da città novecentesca post ottocentesca a moderna metropoli di turismo e servizi o, comunque, a città 2.0, ogni tanto spunta il dilemma demolizione. Quando si lavorava al futuro, prima del 1992, e si pensava a una Valbisagno meno 'industriale' decisero di abbattere il grande stabilimento di via Canevari della conceria Bocciardo. Decisione azzeccata. Al suo posto è nato un bel mercato pubblico.
Sempre intorno al fatidico 1992 nell'area prossima al nascente Porto Antico c’era la colossale caserma dei vigili del fuoco, un monumento di architettura e storia. La sbriciolarono in una festa di bombe e polvere che una nuvola malandrina spinse sulle giacche delle autorità in compiaciuto schieramento. Ricordo un Claudio Burlando tutto bianco di polvere, neppure fosse Babbo Natale.
Fecero male, perché quel grande spazio a ridosso di corso Quadrio si è riempito di un posteggio utile forse e di un campetto di calcio che non compensano la perdita del monumento, recuperabile in molti altri intelligenti modi. Non era l’Hennebique, era fatto dello stesso cemento e si sarebbe riciclato alla grande in quella preziosa area.
Quando è arrivato il 2004 e si studiava la Chimera Ponte Parodi c’era da demolire il mitico Silos Granario, un altro colosso molto ingombrante. L’operazione a puntate fu uno spettacolo, perché tagliarono a fette il grande contenitore come se fosse stato una torta.
Ma decenni dopo, del nuovo Ponte Parodi non si vede l’ombra. Quindi quello show al tritolo ha, quanto meno, portato un po’ di sfiga ai progetti a venire per quell’area delicata e in continua decadenza, come Live on the Road di Primocanale ha ampiamente e recentemente documentato.
Ora c’è il problema della demolizione del leggendario Palazzo Nira, ai confini della Fiera, zeppo di amianto, ma anche una costruzione-chiave, la cui scomparsa è essenziale, se si realizzerà il tanto agognato Blue Print disegnato da Renzo Piano, ponte tra Porto Antico e Fiera.
Sono incominciate le operazioni di distruzione di questo palazzo, sotto la regia del sindaco Marco Bucci che giustamente crede nell’operazione Blue Print. Il Nira sarà bonificato e polverizzato, aprendo la strada, o meglio le acque, ai canali tra la Fiera moribonda e i moli antichi.
A questo punto si è fatto avanti l’ingegner Ugo Salerno, presidente e amministratore delegato del Rina, gran società in crescita che ha bisogno di spazi per i suoi uffici che occupano a Genova ben più di mille dipendenti e ha osservato che una sistemazione al Nira sarebbe molto gradita e utile. Un posto fantastico sul mare, quasi simbolicamente adatto a quegli uffici, nati per certificare la sicurezza del naviglio ed ora dedicati in tutto il mondo a tante altre attività.
Secca risposta (e doverosa) del sindaco: il Nira si demolisce, avanti con la bonifica. Nulla da eccepire, ma a un patto: che veramente si faccia il Blue Print, sogno genovese degli ultimi anni e degli ultimi sindaci. Semmai questo gran progetto dovesse fermarsi, come è capitato al Waterfront di Renzo Piano, finito sulle bacheche del Museo del Mare, allora meglio il gran trasloco Rina. Meglio un palazzo bonificato, abitato e pulsante, che darebbe vita a un quartiere morto e quasi sepolto, che un altro buco nella pelle della città, utile solo a migliorare la vista sul mare dal quartiere di Carignano e a aumentare il tasso di degrado dell’area.
PS. Avete notato che anagrammando Nira viene Rina?
cronaca
Demolire il Nira o no? L'eterno dilemma genovese
Sull'edificio si è fatto avanti Ugo Salerno del Rina
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