cronaca

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Un piccolo sfollato confessa al microfono di Elisabetta Biancalani la sua speranza. Lo fa pochi minuti dopo l’incontro emozionante con il presidente Mattarella. “Spero di poter andare a casa mia a prendermi la Playstation 3”. C’è tutto in questa piccola speranza.

La visita del Capo dello Stato al Salone Nautico ha un carattere eccezionale: nessun presidente della Repubblica era mai venuto a visitare questa manifestazione internazionale, fiore all’occhiello della Genova espositiva. Lo ha fatto Mattarella caricando il breve viaggio di un significato importantissimo: il Nautico oggi è la bandiera di una città massacrata (ma anche di una parte di Paese compromessa da questo crollo), quindi l’essere a Genova significa sponsorizzarne (scusate il termine certamente improprio) la rinascita dopo la tragedia. Ma anche se il presidente logicamente non lo ha detto, l’essere a Genova è un avvertimento al governo che, assicura per bocca del premier, domani, martedì, porterà il decreto Genova al Quirinale per la firma.

Un governo che si è mosso bene nei primi giorni dopo la catastrofe, con grande dispiegamento di ministri e sottosegretari generosi di tweet e solenni promesse, ma che, allontanandoci da quella tremenda data di agosto, spesso si è lasciato fuorviare dall’esigenza politica di marcare differenze, di sottolineare i distinguo di una alleanza fondata su un contratto, tutt’altro che semplice da gestire.

Se questo decreto si dovesse rivelare una mezza “fuffa” (fumosità dei contenuti, limitatezza di visione) per il governo gialloverde sarebbe l’occasione di una pessima figura non solo con Genova, ma a livello nazionale. Se, al contrario, come ci auguriamo, il decreto sarà concreto e risolutivo, Conte e i suoi ministri (insieme alle autorità locali che stanno davvero facendo parecchio e senza perdere tempo) avranno dimostrato di sapere tenere distinte le esigenze della politica e delle elezioni dalle necessità del Paese e, nel caso specifico, di una grande città-porto che non può essere messa ai margini dello sviluppo nazionale.