
Da quella telefonata sono passati 72 giorni, 2 mesi e 12 giorni, 10 settimane e 2 giorni… li conta Ennio e oggi il rientro a casa tanto sperato, desiderato, voluto fa male forse più di quello che pensava.
“Non abbiamo un elenco – racconta Ennio - partiamo dalla prima stanza e vediamo cosa prendere cercando di portare via più roba possibile con l’aiuto dei vigili del fuoco i nostri angeli”.
Ennio, forse per le sue origini toscane, al presidio sotto il ponte di ferro in queste settimane l’ho sempre visto ottimista e molto spesso con il sorriso sulle labbra, ha sempre cercato di fare battute per tenere alto l’umore come durante un pranzo insieme all’assessore Piciocchi mentre a tutti distribuiva “il mio buon vino”. Oggi ha il viso tirato, la voce rotta dall’emozione quando guarda sua moglie che non riesce a parlare e si aggrappa piangendo alla mia spalla. Abbracciando Concetta, mentre in diretta Ennio mi racconta la sua emozione, sento quanto è minuta, il suo respiro, il suo sospiro. E' l'immagine della dignità che ho imprato in questi mesi in mezzo agli sfollati.
Ennio per ora ha preso in affitto una casa ma racconta come stia pensando a tornare a vivere in Toscana: "abbiamo anche delle borse e degli zaini per portare via quelle cose che ci servono subito in questa casa".
Anche a Ennio, a una settimana dai primi rientri, chiedo se c’è una prima cosa che prenderà in casa: “non te lo so dire” mi isponde.
Mi guarda Ennio mentre abbraccio Concetta e in quel momento nei suo occhi azzurri vedo quello che mi aveva raccontato in una delle prime interviste: “io e mia moglie siamo crollati con il ponte”.
IL COMMENTO
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