Ci ha messo solo 33 giorni a decidere chi demolirà e ricostruirà il ponte maledetto. Il Governo giallo verde, in questo caso sempre più giallo, per il ruolo decisivo del ministro grillino Danilo Toninelli, aveva impiegato 91 giorni a varare il decreto Genova e a nominare super commissario alla Ricostruzione il sindaco di Genova Marco Bucci. E questo manager di 58 anni, neofita della politica, per 25 anni emigrato a lavorare negli Usa, ma genovese doc, ci ha messo meno di un mese a scegliere le imprese che “smonteranno” il Morandi e un mese e tre giorni a decidere quello che tutti aspettavano dal 14 agosto: chi costruirà nel più breve tempo possibile il viadotto che, crollando, ha spezzato Genova, il Nord Ovest, l'Italia e le sue comunicazioni con molti territori europei.
Un inghippo non da poco arrivare a stabilire che l'operazione oggi probabilmente più esposta non solo in Italia, ma in Europa e nel mondo, doveva finire nelle mani di un pool con Salini Impregilo, Fincantieri, Italferr, sotto l'occhio vigile e affettuoso di Renzo Piano, supervisore dell'opera e sotto il controllo del RINA, la azienda multinazionale di controllo e verifica, anch'essa solidamente genovese e senza la contestazione del concorrente Cimolai, che promette non ricorsi ma collaborazione.
Tenendo un riserbo totale e assoluto fino alla mattina del 18 dicembre Bucci con il gruppo dei suoi tecnici, ha deciso, scegliendo sicuramente la soluzione più favorita dal governo gialloverde, ma comunque sciogliendo un nodo complicato: la concorrenza era forte e altamente qualificata, sopratutto quella di Cimolai, la grande impresa di Pordenone che costruisce ponti in tutto il mondo e che aveva presentato ben quattro progetti disegnati dall'archistar di Valencia Sebastian Calatrava. Bucci ha cercato fino all'ultimo di “combinare” l'operazione, mettendo insieme Salini Impregilo con Cimolai.
Così mentre all'Aquila e sopratutto in Emilia Romagna, ad anni e anni dai rispettivi, devastanti terremoti, la gente vive ancora nei container e nei prefabbricati, sotto la regia non certo acuta e efficace di grandi politici e pubblici amministratori come l'ex pd Vasco Errani anch'esso supercommissario, già presidente dell'Emilia Romagna, a Genova le vere opere di ricostruzione sono incominciate in un tempo più stretto di soli quattro mesi, che potevano essere anche meno, se il governo non avesse pasticciato parecchio a varare il Decreto Genova, complicandolo con il terremoto di Ischia e con altre misure non molto compatibili con il disastro genovese.
Probabilmente il commissario Bucci avrebbe fatto ancora prima se l'avessero incaricato subito. Una prova di velocità l'aveva già data, risolvendo il delicatissimo problema dei circa 700 sfollati dalle case sotto il ponte, non solo sistemandoli durante l'emergenza con grande rapidità, ma completando la pratica di acquisto, da parte del Comune e quindi del Demanio, dei 186 appartamenti abbandonati nelle ore del crollo.
In quindici giorni una trentina di notai genovesi hanno lavorato per completare le compravendite e assicurare ai venditori-sfollati e agli inquilini dei palazzi di via Porro e via Fillak e del Campasso, i risarcimenti stabiliti dal famoso decreto, superando ostacoli tecnici, burocratici ed anche le inevitabili diatribe di contratti così delicati: un bene che si perde, un forte risarcimento, le diverse posizioni di chi abitava gli appartamenti, di chi era propietario ed anche comodatario. Spesso un puzzle di complicata soluzione.
D'altra parte il governo comunale di Bucci, prima ancora della struttura commissariale, era stato anche rapido a trovare soluzioni per il traffico di Genova, tranciato secco dal crollo con danni incalcolabili alla vita della città e sopratutto ai suoi traffici, incominciando da quelli preziosissimi del porto.
Sono state aperte strade, costruite nuove vie, riaperte ferrovie e vie, in prossimità del ponte, perfino inventate soluzioni come la “strada del Papa”, che sfrutta il grande stabilimento Italsider e i suoi spazi. Insomma Bucci ha realizzato, con il presidente della Regione Giovanni Toti, commissario all'emergenza, opere rapide e importanti, per impedire che la città si affossasse in un declino che la catastrofe poteva indurre.
Genova ha così offerto un modello di efficienza , dimostrando, grazie a Bucci e Toti sempre presenti e determinati, anche una coesione sociale, forse in parte imprevedibile e uno spirito positivo molto simile alle reazioni del Friuli Venezia Giulia e del Veneto dopo il terribile terremoto degli anni Settanta.
Certo: ora la partita non è finita. Anzi. Le operazioni di demolizione, complesse e lunghe, affidate a un pool di aziende, un mix al quale partecipano anche le imprese che demolirono nel porto di Genova la nave Concordia della Costa Carnival ed altre ditte esperte in esplosivi, rischiano di essere lunghe e complicate, anche per la coabitazione con le misure di dissequestro giudiziario che riguardano sopratutto i piloni di Levante del ponte, quelli verso il centro città e sopra le case sfollate.
A demolizioni in corso di può incominciare a ricostruire? Bucci è sicuro di sì, sostiene che il 31 marzo si partirà e che il ponte sarà in piedi, anche se non ancora percorribile, per il Natale del 2019.
Tutto dipende anche dal meccanismo di rapporti tra Fincantieri, Salini Impregilo e Italferr e di come si passerà dal primo progetto a quelli esecutivi. Tutto dipenderà da come Renzo Piano entrerà in sintonia con questo gruppo di imprese.
Ma tutto questo non dipende da Bucci. Lui la sua parte l'ha fatta e nei tempi che aveva promesso.
cronaca
Il blitz di Bucci, dopo il decreto lento
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