politica

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Giovanni Toti, governatore della Liguria, è ormai fuori dal suo partito di origine, Forza Italia. Le ultime mosse del presidente, soprattutto la partecipazione alla convention della Meloni, segnano il distacco da quel che resta dei berlusconiani che, fra le altre cose, perdono ogni giorno anche pezzi storici.



Come la Gardini. Toti lo ha spiegato bene: occorre un partito o movimento nazionale di centrodestra, un movimento liberale e conservatore che segni bene i confini con la Lega di Salvini (di cui il governatore ligure è amico e alleato sul territorio) e dall’estrema destra di Fratelli d’Italia. Ma, soprattutto, da quel che resta di Forza Italia. Toti non si sente un traditore di Berlusconi: da quanto tempo lo invita a ripulire il partito dalle cariatidi ossequiose, da quanto propone un vero rinnovamento utilizzando per scegliere la dirigenza il sistema delle primarie? Ma l’ex Cavaliere non lo ascolta.


Ora, però, è il momento delle decisioni. Le Europee sono alla porta, il nuovo partito nazionale arancione o come si chiamerà deve nascere senza altre dilazioni. Anche perché è ormai impossibile una svolta in Forza Italia. In Liguria ridotta ormai a qualche anziana presenza, silente, nazionalmente pressoché politicamente inesistente tanto da essere superata mediaticamente anche dal partito della Meloni.


L’anima del movimento di Toti nasce dalle regioni e trova fermenti nelle regioni, tra gli amministratori locali, i sindaci soprattutto. Quello che avrebbe dovuto fare il Pd per rinnovarsi davvero, non riverniciando i volti di qualche simulacro. Il rischio che corre Toti c’è e non va nascosto, ma più passa il tempo più il rischio aumenta. Quindi…..