cronaca

I sindacati duri con Di Maio: "Non si cambiano le regole delo gioco in corso d'opera"
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Inquietudine e preoccupazione a Genova come a Taranto. Scatta domani lunedì primo luglio la cassa integrazione per 1395 dipendenti dell'Arcelor Mittal di Taranto (Ex Ilva) con il colosso siderurgico franco-indiano che ha minacciato la chiusura definitiva dell'attività per il prossimo 6 settembre. Poco più di due mesi per rimettere in piedi una situazione che potrebbe portare al collasso definitivo dell'attività produttiva e al licenziamento per oltre 10mila dipendenti dello stabilimento pugliese. Con conseguenza diretta anche a Genova.


- IL CASO:

Tutto parte dal via libera del Senato al Dl "omnibus" per la crescita, che introduce la limitazione temporale al 6 settembre 2019 dell'esonero dalla responsabilità penale per l'attuazione del piano ambientale dell'ex-stabilimento Ilva di Taranto rilevato da Arcelor Mittal. "Pensare che si possa gestire un'azienda solo a condizione di avere un'immunità penale è un privilegio. Era un'eccezione, su cui è intervenuto il Parlamento e ha eliminato l'eccezione" ha speigato il premier Giuseppe Conte. La replica della azienda subentrata l'anno scorso è stata netta e senza repliche: così non ci sono le condizioni per andare avanti.

Sì perchè in parole povere dal 6 settembre se dovesse avvenire un qualunque danno ambientale la resposnabilità ricadrebbe sui nuovi manager di Arcelor Mittal. Di fatto nulla di strano a prima lettura, ma in realtà al momento del passaggio di proprietà si è firmato un accordo che garantiva l'impunità ad Arcelor per permettergli di intervenire in modo concreto sulla messa in sicurezza dei diversi impianti. Il tutto per evitare responsabilità legali per una situazione ereditata e non causata. Poi di colpo la decisione del governo di modificare il contratto in corso d'opera con una legge repentinamente votata.

Dall'altro lato si fa larga anche l'ipotesi che Arcelor Mittal abbia sfruttato l'occasione per tentare di fare un passo indietro dopo aver già deciso di far partire la cassa integrazione a 'causa della grave crisi di mercato che sta interessando la siderurgia a livello mondiale


- EX ILVA DI GENOVA:

E a Genova, quali conseguenze produrrebbe la chiusura di Taranto? Negli ambienti sindacali e tra i lavoratori dello stabilimento genovese c'è preoccupazione e si guarda con occhi spalancati a quanto avviene in Puglia e alle diatribe tra governo e vertici ArcelorMittal. E già, perchè la chiusura di Taranto vorrebbe dire la fine anche di Genova. E dopo un anno il rischio di dover ricominciare da capo per salvare i posti di lavoro sarebbe concreto.


"Arcelor Mittal ha messo nel piatto dello sviluppo dell’azienda 4,2 miliardi di investimenti di cui ben 1,5 per l’ambiente, 1,5 per lo sviluppo industriale e ha 1,2 miliardi sequestrati all’ex Riva che si aggiungono sulle bonifiche ambientali - spiega Alessandro Vella segretario generale Fim Cisl Liguria -. Cambiare con un decreto gli accordi presi è veramente da folli. Se il decreto poi si chiama ‘crescita’ lo è ancora di più".

La preoccupazione dei sindacati è che tutto sia legato a una questione elettorale. I risultati delle ultime Amministrative e delle Europee hanno penalizzato il M5s e così la reazione di Di Maio e dei suoi sarebbe stata quella di forzare la mano per ridare al Movimento l'immagine dei 'duri e puri'. Ma anche la Lega dell'altro vicepremier Matteo Salvini non passa indenne. Anche loro sono accusati di dire una cosa davanti ai microfoni e poi votare in altro altro modo in sede parlamentare.

"Anche per Genova c’è un grande rischio. Le bonifiche erano previste anche per Cornigliano con la conversione/demolizione della centrale elettrica abbandonata da molti anni - spiega ancora Vella -. A Genova si perderebbero 1000 posti di lavoro, senza contare i 250 ancora in Ilva in a.s. che, in applicazione dell’accordo firmato il 6 settembre 2018, avrebbero la possibilità di essere riassorbiti entro il 2023 da Arcelor Mittal. Anche la nostra città ha bisogno di crescere, non certo di decrescere".


"A Genova c'è grande preoccupazione e non capiamo come a Taranto sembrano essere tranquilli - spiega Bruno Manganaro - segretario generale Fiom Cgil Genova. A Genova i lavoratori lanciano segnali di preoccupazione. Se non si trova una soluzione ArcelorMittal chiude l'attività in Italia e la conseguenza è ovvia. c'è il rischio di restare schiacciati tra due pesi, da una parte quello del governo dall'altro quello di Mittal con un governo folle che cambia le carte in tavola a giochi fatti. Di Maio ha messo la questione sul tavolo e la Lega lo ha votato. Il 4 luglio è il giorno della trattativa vera e propria tra governo e Mittal e noi restiamo fuori dal portone ad aspettare perchè non siamo stati convocati" accusa ancora Manganaro (il tavolo del governo con i sindacati è il 9 luglio).
Al centro del discorso i lavoratori ma anche un piano di investimenti promessi da Mittal che ancora non è partito. "A Genova Mittal non ha investito nulla. La manutenzione non si è messa in moto. Gli impianti avrebbero bisogno di investimenti, si erano promessi gli investimenti sulla banda stagnata, tutto si è fermato in attea di capire cosa succederà a Taranto. Qui siamo di fronte a una follia istituzionale e industriale e a pagare sono sempre i lavoratori. Noi siamo pronti a kobilitarci e far sentire ancora una volta la nostra voce" conclude Manganaro.


"Non possiamo permetterci di perdere Arcelor Mittal, per le migliaia di posti di lavoro diretti e indiretti, per le famgilie che vivono sul territorio e anche per il risanamento ambientale" spiega invece il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo.

Sul caso negli scorsi giorni è intervenuto anche il governatore ligure Toti: "Se noi cambiamo le regole del gioco mentre il gioco è già cominciato difficilmente qualche investitore straniero tornerà a investire nel Paese. Abbiamo venduto un’automobile dicendo che era senza assicurazione ma che aveva il permesso di arrivare fino alla compagnia di assicurazione per essere assicurata, una volta venduta diciamo ‘non può fare neanche un metro’, non possiamo creare un caos normativo – evidenzia Toti – Il piano ambientale di Taranto è una cosa seria, dentro gli investimenti di Mittal c’è. Non so se è sufficiente, lo hanno deciso i tecnici del Ministero, Arpa Puglia e altri, se cambiamo strada ogni tre ore come fanno i 5 stelle si rischia che il Paese abbia seri danni".


- I TAVOLI:

Il prossimo tavolo è stato convocato a Roma per giovedì 4 luglio. In quella occasione il ministro allo sviluppo economico Di Maio e il suo staff incontreranno i vertici di ArcelorMittal. Si cercherà una soluzione, forse una mediazione per cercare di salvare il futuro della siderurgia in Italia. Cinque giorni dopo (il 9 luglio) al Mise sarà la volta dei sindacati nazionali e territoriali di categoria e confederali; la direzione aziendale e i commissari Ardito, Danovi, Lupo. Al centro il discorso legato al monitoraggio dell'accordo sindacale sull'Ilva sottoscritto da ArcelorMittal il 6 settembre 2018, e ora messo in dubbio dal ricorso alla cassa integrazione. In dieci giorni si gioca il futuro della siderurgia in Italia e di migliaia di posti di lavoro.