Silenzio, occhi lucidi, abbracci, pacche sulle spalle. La parte di città che ha deciso, a un anno dal crollo di Ponte Morandi, di assistere alla cerimonia di commemorazione per le 43 vittime, dal maxi schermo lato Nord di via 30 Giugno, si è radunata sul ponte delle 'Ratelle' già di primo mattino per poi diventare una folla.
C'è vento oggi, il vento che mi ha accompagnato in tantissime mattine di questi mesi qui su questo ponticello a raccontare questa parte di città. Oggi questo vento non taglia la faccia come in autunno o in inverno, come tutti sanno qui a Certosa, oggi non c'è neanche bisogno di rinfrescare l'aria perchè tutti noi, che siamo qui, è un po' come se fossimo in una sorta di bolla di dolore, incredulità, rabbia che non fa sentire nulla.
Ci sono tante magliette di 'Genova nel cuore', e io ho la mia nella borsa, ci sono tanti volti conosciuti che in questi 12 mesi sono diventati non solo storie da raccontare ma nomi precisi, storie una diversa dall'altra unite però da un unico filo conduttore il dolore.
Qualcuno è arrivato da altre parti della città. C'è silenzio e si avverte nell'aria il dolore che qui, su questa passerella, diventata familiare, è un dolore composto qualcuno potrebbe dire 'genovese'.
Ci sono tanti occhi lucidi, visi che a 12 mesi di distanza non si sono ancora fatti una ragione. La voce commossa, rotta dall' emozione del cardinale Angelo Bagnasco, rappresenta un po' la voce di tutti noi e di me che oggi devo raccontare il dolore che non si può raccontare: quello di chi perde una persona cara.
Le parole oggi mi sembrano inutili ma so che non lo sono se sono dette con il cuore. Guardo le persone con gli occhi lucidi intorno a me e immagino che sia un abbraccio unico alle famiglie delle 43 vittime per dare un piccolo sollievo ad un dolore che non potrà mai essere cancellato.
Il cardinale dice, durante l'omelia, che bisogna stare uniti in un abbraccio di cuori e io qui sul 'ponte delle ratelle' guardando, da una parte i volti commossi e dall'altra parte verso il cielo, dove c'era il ponte, penso solo a quei 43 visi e le lacrime scendono perché oggi il dolore e l'incredulità sembrano ancora più forti.
Dolore per chi ha perso una persona cara come Gianni che, sul 'ponte delle Ratelle', ha appeso uno striscione 'Ciao Giorgio'. Giorgio è una delle 43 vittime "sai uno di quelli che fa mancanza" mi racconta commosso seduto con il casco in mano dove Giorgio è presente in un adesivo. Gianni non ce la fa a parlare e mi dice "ti racconto qualcosa di lui e poi lo dici tu" e così ha fatto e io seduta sul marciapiede vicino a lui, con il suo casco in mano ho raccontato Giorgio nelle parole del suo amico Gianni. Le sue lacrime che scendevamo, mentre mi ascoltava ricordare il suo amico, sono il motivo per cui in una giornata come questa, nella quale trovare le parole è difficile e spesso ci si sente inopportuni, amo ancora di più il mio lavoro.
Io racconto storie, pezzi di vita e oggi, 12 mesi dopo il disastro, sentire le parole del fratello minore 15enne di Luigi Matti Altadonna, una delle 43 vittime, dire ai soccorritori: "Io non farò vacanze quest'estate ma farò volontariato perchè ho visto quanto è importante aiutare perchè senza di voi i morti sarebbero stati di più" beh alla fine di questa giornata, queste parole di un ragazzino, diventato adulto alle 11.36 di un anno fa, hanno il sapore della speranza e io da questo primo anniversario voglio tenermi stretto nel cuore questo messaggio di forza e dignità della vita che va avanti nonostante l'orrore e il dolore di 43 vite spezzate.
cronaca
Una lezione di speranza per ricordare 43 vite spezzate
Fratello di una delle vittime
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