economia

Tutte balle, ampiamente sacrificabili di fronte al dio chiamato Profitto
2 minuti e 36 secondi di lettura
Eh no, quello che sta facendo ArcelorMittal non è assolutamente accettabile. Finché il gruppo franco-indiano ha legato il proprio disimpegno dall'ex Ilva al venire meno dello scudo legale potevi anche dargli ragione. E legittimamente si poteva rinfacciare al nostro governo, ultimo dopo praticamente tutti quelli che l'hanno preceduto, di essere così ondivago da far perdere ulteriormente credibilità al Paese.

Poi, però, l'azienda se ne esce dicendo che per far rientrare la propria decisione di mollare l'ex Ilva non solo rivuole subito lo scudo legale, ma chiede pure cinquemila esuberi. Praticamente il taglio di metà del personale di cui si dovrebbe fare carico una volta rilevata l'acciaieria, che al momento sarebbe stata solo in affitto. E allora no, così non si fa.

Nella vita quotidiana, per le piccole cose come per le grandi,
una delle regole d'oro di civile convivenza è che se pretendi rispetto devi dare rispetto. Semplice, lineare. Esattamente ciò che ArcelorMittal non sta facendo. Il più grande gruppo siderurgico al mondo ha liberamente stipulato il contratto con il quale doveva farsi carico del risanamento e rilancio dell'ex Ilva, assumendo anche gli oltre diecimila dipendenti: nessuno ha puntato la pistola alla tempia dei signori Mittal, padre e figlio, principali amministratori, nonché proprietari, del gruppo. Se si ha la pretesa di essere seri, cedibili e affidabili i contratti vanno rispettati. Deve farlo l'Italia, attraverso il suo governo di turno, ma deve farlo anche l'azienda.

La sensazione, invece, mano a mano che la vicenda procede
, è che, revocando lo scudo legale, la sciagurata politica tricolore abbia offerto su un piatto d'argento ad ArcelorMittal l'opportunità di fare fagotto. Solo che il gruppo poteva vantare più di una qualche ragione fino a che non ha messo sul tavolo i cinquemila esuberi, cioè una profonda e inaccettabile revisione del contratto su cui era stato raggiunto l'accordo.

Adesso, invece, dimostra soltanto di perseguire il proprio interesse
senza minimamente curarsi di tutto ciò che lo circonda. La produzione di acciaio a livello globale è in difficoltà, perché in difficoltà ci sono le principali economie mondiali e la concorrenza della Cina è sempre più agguerrita? Bene, ArcelorMittal ha la pretesa di prendersi l'ex Ilva facendo pagare tutto il conto al nostro Paese e in particolare ai lavoratori, di Taranto e delle sedi collegate, Genova compresa. Se il governo, in questo caso giustamente, risponde picche, il gruppo molla tutto, ben sapendo che almeno i prossimi due bilanci beneficeranno di questo disimpegno.

E gli investimenti, il canonico rischio di impresa,
la volontà di partecipare al rilancio di un pezzo di storia planetaria? Tutte balle, ampiamente sacrificabili di fronte al dio chiamato Profitto. Purtroppo, questo è il limite di molte, troppe aziende, di qualunque settore e in particolare se multinazionali. Ma questo comportamento, che si può solo definire vergognoso, fa ancor più salire la rabbia verso una politica che ben conoscendo il malcostume di certi imprenditori-prenditori è talmente pasticciona e incapace da offrire a quelle stesse aziende formidabili occasioni per farsi gli affari propri.

(Nella foto Lakshmi Mittal, Chairmain e CEO ArcelorMittal)