In queste ore si fa un gran parlare dei giovani italiani che emigrano all'estero. La chiamano "fuga dei cervelli". Sarà, ma io non riesco a stracciarmi le vesti per questi dati diffusi dall'Istat. Se guardo alla mia Imperia, che con Bolzano guida la lista delle province da cui maggiormente si va via, osservo che l'essere vicini ai confini qualcosa produce sicuramente, da questo punto di vista. Ma è proprio tutta la storia di tali dati, e le relative valutazioni da pensiero unico, a non convincermi.
Nell'era della globalizzazione, avrebbe senso non avere giovani che vanno a vivere e a lavorare all'estero? Si dice che ciò avvenga perché siamo ridotti male come Paese, che da noi non si trova uno straccio di occupazione e che gli stipendi sono ridicoli rispetto a quelli garantiti altrove. È tutto vero e c'è anche di più, ma nonostante ciò io non mi arrendo all'idea che un Paese sano sia quello chiuso in se stesso, capace di bastarsi da solo.
Giovani ingegneri, avvocati, manager, chef, camerieri, barman: è ricchissima la varietà umana di coloro che vanno all'estero. La loro principale qualità, però, è quella di avere il coraggio di farlo. Soltanto per questo motivo sono già una risorsa per il nostro Paese. E lo diventano ancor di più con i legami che comunque mantengono con le famiglie e il Paese di origine, e ancora di più lo sono il giorno in cui tornano. Prendiamo il caso del sindaco di Genova Marco Bucci: avrebbe la qualità che sta dimostrando, al netto che si possa anche non condividere le sue scelte politiche, se non avesse maturato la sua lunga esperienza negli Stati Uniti? Alla fine, cioè, è stato un bene o un male che ad un certo punto sia emigrato, come fanno tanti altri, soprattutto giovani?
Semmai, il ragionamento che mi piace fare riguarda l'altra metà del bicchiere: lo vedo mezzo vuoto se constato che molte delle ragioni per cui i nostri ragazzi vanno via sono le stesse per cui siamo poco attrattivi. Il problema, allora, non sono i "cervelli in fuga", sono quelli che non siamo capaci di attrarre in grande, grandissimo numero. Perché, anche qui, un po' d'accordo con noi stessi dobbiamo metterci. Se ad onta di tutto e di tutti rimaniamo la settima, o decima, o quindicesima potenza economica mondiale, qualcosa vorrà pur dire.
E se realtà come Fincantieri piuttosto che Leonardo (Finmeccanica) piuttosto che l'Iit di Genova li sanno attrarre i "cervelli" provenienti dall'estero, allora vuol dire che non siamo così alla frutta. Se riusciamo a realizzare operazioni come il recupero della Concordia o la ricostruzione dell'ex ponte Morandi, nei tempi e nei modi che abbiamo visto e stiamo vedendo, vuol dire che non tutto è da buttare. Dobbiamo migliorarci, certamente. Ma non con l'obiettivo di trattenere i nostri giovani. L'obiettivo dev'essere quello di attrarne altri, affinché il saldo finale tra chi va e chi viene sia almeno in pareggio.
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I "cervelli in fuga"? Il problema sono quelli che non arrivano
L'obiettivo dev'essere quello di attrarne altri
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