Non ci sono dubbi sul ruolo cruciale che le imprese genovesi possono avere per interrompere un trentennale declino economico e demografico della città. Ma la questione qui pare un’altra: se il presidente degli industriali abbia un ruolo ulteriore rispetto a quello autonomamente esercitato dalle imprese stesse; e se la scelta del nuovo presidente abbia un rilevante interesse pubblico, e sia dunque opportuno che i media se ne occupino.
Alcune macrotendenze dell’economia – l’internalizzazione dei mercati di prodotti e fattori, la riduzione delle dimensioni d’impresa, il ruolo dell’innovazione tecnologica – fanno sì che sempre più spesso il successo delle imprese dipenda da elementi esterni, e in particolare dalle caratteristiche del territorio ove si trovano: infrastrutture, servizi, pressione fiscale, qualificazione professionale, qualità della vita. Ne deriva una forte competizione fra città per attrarre imprese e investimenti. La localizzazione è diventata una scelta strategica per le imprese, e sempre più raramente viene lasciata al caso. E i fattori che determinano la permanenza o la fuga delle imprese già presenti, cioè quelle rappresentate dall’associazione industriali, largamente vale anche per le imprese che si vorrebbero attrarre.
Ora, la singola impresa può solo esprimere una domanda per determinati fattori produttivi e condizioni del territorio. Secondo i settori, potranno prevalere l’accessibilità, merci o passeggeri, il costo del lavoro o la sua qualificazione, il fisco, la disponibilità di aree, la qualità o il costo dei servizi a rete, la qualità dell’ambiente, della vita e dei servizi alle persone. Ma è solo la comunità delle imprese che può orientare l’offerta di questi elementi, indicando le condizioni per l’attrattività e la qualità economica del territorio. Che altri attori, essenzialmente pubblici, hanno il compito di realizzare. Gli enti territoriali, responsabili del capitale fisico del territorio: il suo utilizzo, le infrastrutture, i servizi a rete, l’ambiente. E il mondo della formazione e della ricerca, università in testa, con la scuola e la formazione professionale. Responsabili del capitale umano e culturale del territorio: la conoscenza, la cultura economica e produttiva (il famoso “saper fare”), la capacità di apprendere e introdurre innovazioni.
La collaborazione fra questi tre mondi – l’impresa, gli enti territoriali, l’università con la formazione e la ricerca – è oggi la chiave del successo dei territori. E può esserlo anche per Genova, che ha potenzialità naturali (posizione geografica, paesaggio, clima) e storiche (cultura produttiva, pregi urbanistici e artistici) particolarmente rare. È dunque evidente l’interesse pubblico per chi rappresenterà la comunità delle imprese. E le cui strategie, distinte anche se convergenti rispetto a quelle delle imprese, dovranno coinvolgere attori pubblici che a loro volta interagiscono con le scelte di tutti i cittadini: elettori, da un lato, fruitori di formazione e conoscenza, dall’altro.
Enrico Musso, docente universitario
IL COMMENTO
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