Dopo la richiesta di concordato preventivo presentata da Eleven Finance srl lo scorso 16 gennaio per scongiurare il fallimento della società immobiliare e cinematografica di famiglia, oberata da 121 milioni di debiti, Massimo Ferrero ne ha presentata un’altra appena due giorni fa relativa a Farvem srl, di cui è socio al 50% con una quota nominale pari a 50.000 euro insieme con l’ex moglie.
Il 21 di gennaio la Farvem, di cui è amministratrice la figlia Vanessa Ferrero, ha depositato presso la sezione fallimentare del Tribunale di Roma una domanda di concordato in bianco, analoga a quella di Eleven Finance. Leggendo i documenti del ricorso – di cui Primocanale è in possesso (sono consulitabili in basso) – si evince che la Farvem ha finanziato un’operazione di acquisto di una compagnia aerea (Livingston). E che Il soggetto che ha depositato l’istanza di fallimento della Farvem è la Lufthansa Tecnik.
Dunque, le richieste di ammissione al concordato preventivo sono due nel giro di pochi giorni. E a queste si aggiunge un’altra vicenda recentissima. Lo scorso 8 gennaio il tribunale di Padova ha infatti respinto il piano di rientro e dichiarato fallita una società del gruppo, la Abaco 101 Cineplex che controlla alcune sale in zona e rappresentata da Michela. In questo caso si tratta di un dissesto di pochi milioni e per questo assai eloquente, con le banche creditrici che avevano già portato a sofferenza e rivenduto i loro crediti. Il piano concordatario consisteva in un rimborso intorno all’8% per la maggior parte dei crediti, erariali e previdenziali compresi, “degradati a chirografo”, ovvero il livello più basso della tutela.
Nel bilancio, comunque si fissava in 102.691 euro annui la retribuzione del liquidatore: la stessa figlia di Ferrero. La società di famiglia Holding Max (l’80% è in mano a Vanessa, l’altra figlia) avrebbe dovuto assicurare «nuova finanza esterna», conferendo un terreno che avrebbe funzionato da parcheggio per il multisala. In realtà ci volevano soldi che non si sono visti. E il tribunale di Padova, respingendo la proposta di concordato, ha rimarcato una carenza strutturale: nessuna «analisi critica e motivata dei profili di responsabilità dell’organo gestorio» (in ultimo il liquidatore), cioè la possibilità di avviare azioni risarcitorie, anche perché la società, incredibilmente, «versa in una condizione di scioglimento fin dal marzo 2012». Superfluo precisare che anche l’organo di gestione era emanazione dei Ferrero.
Tornando alla vicenda di Eleven Finance srl, va sottolineato che i tempi concessi dal Tribunale per l’ammissione alla procedura concorsuale, essendo in presenza di un’istanza di fallimento, non potranno essere superiori ai 60 giorni e dunque la dead line per Ferrero e per la sua famiglia risulta essere il 16 marzo prossimo. Una sorta di D-Day, che indirettamente coinvolge anche la Sampdoria, in quanto unico asset (insieme con i cinema, gravati però da alcuni vincoli) economicamente sano, al di là di qualche criticità finanziaria (camera di compensazione della Lega calcio). La “salvezza” del cosiddetto gruppo Ferrero passa inevitabilmente attraverso la potenziale vendita della società blucerchiata, che non potrà concretizzarsi in tempi brevissimi ma dovrà assumere al più presto i connotati di un’operazione attuabile e concreta. A tale proposito, va precisato che la nomina di un advisor non è una scelta unilaterale ma una condizione imposta dal Tribunale fallimentare per concedere l'ammissione alla procedura concorsuale.
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D-day il 16 marzo per Ferrero e spunta un altro concordato
Guai a ripetizione per la galassia che fa capo al presidente della Sampdoria
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