La vicenda che ha visto protagonista Claudio Burlando mi ha colpito per diversi motivi.
Primo, logicamente, il fatto in sé: il presidente ha commesso un’infrazione gravissima del codice della strada, mettendo in serio pericolo gli automobilisti che percorrevano la rampa di accesso all’autostrada.
Secondo. Non credo, per quel che conosco Burlando che non è un arrogante, che abbia esibito quel vecchio tesserino da parlamentare per evitare la punizione, per dire il fatidico “lei non sa chi sono io”. Certo, quel tesserino avrebbe fatto meglio a buttarlo nel cestino quando lasciò Montecitorio, oppure a tenerlo nel cassetto dei ricordi insieme alle fotografie con i compagni di classe. Lasciarlo nel portafoglio tra la tessera del Genoa e quella della libreria Feltrinelli è quantomeno discutibile. Si potrebbe pensare che la teneva in quel posto proprio per esibirla, se necessario.
Terzo. Il presidente avrebbe dovuto subito, attraverso i suoi portavoce e uffici stampa, informare la collettività di quello che aveva combinato. La trasparenza innanzitutto e in ogni occasione, buona e meno buona.
Tutto questo, però, secondo me non può entrare nel grande brodo dell’antipolitica che sta ribollendo da alcune settimane, sull’onda degli show di Beppe Grillo. Il dibattito sul blog mi interessa, gli insulti no. E, in ogni caso, la storia non giustifica la richiesta di dimissioni del presidente, anche se capisco che ognuno recita la sua parte e l’opposizione, se non riesce a buttare giù la giunta regionale con le iniziative politiche, ci prova con le svolte contromano
IL COMMENTO
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