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Scoperto in Argentina dal compianto Filippo Mantovani, "Brujita" divenne un fuoriclasse di livello mondiale
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Juan Sebastián Verón è stato uno dei giocatori più forti del suo tempo, tra la seconda metà degli anni Novanta e il decennio successivo. In Italia arrivò dalla natia Argentina, su intuizione di Filippo Mantovani, scomparso prematuramente il mese scorso, che allora era l'osservatore di fiducia del fratello Enrico presidente. Visto insieme con Domenico Arnuzzo quando giocava ventenne nel Boca, Verón venne ingaggiato e portato alla Sampdoria. Sarebbe stato l'avvio di una eccezionale carriera europea, che dopo il biennio blucerchiato lo avrebbe visto vestire le maglie di Parma, Lazio, Manchester United, Chelsea e Inter, fino al ritorno in patria allì'Estudiantes, nelle cui giovanili "Brujita" aveva cominciato e di cui adesso è presidente, con l'ambizione di guidare l'AFA che non vince un Mondiale dal 1986.


Verón ricorda così il suo arrivo alla Sampdoria: "A quei tempi, a Eriksson, era arrivata una videocassetta con qualche mia immagine. Lui ha avuto il coraggio di prendermi, quasi al buio. Non aveva mai visto una mia partita - dice a Calcio 2000 - ma ha voluto comunque rischiare su un ragazzo di 21 anni. Anche perché uno può essere anche bravo in campo ma poi c’è il carattere. Lui, di me, non sapeva nulla. È stato bravo anche a sopportarmi i primi 4/5 mesi. Poi, per fortuna, è andato tutto bene".