Di giorni ne mancano appena 82 alla fine di novembre. Poi il contratto firmato il 6 settembre 2018 scadrà. A quel punto senza nuovo accordi ArcelorMittal riconsegnerà il gruppo ex Ilva pagando una penale di 500 milioni. La preoccupazione negli stabilimenti sale, a Taranto come a Genova Cornigliano le segreterie sindacali hanno fatto partire lo stato di agitazione, preludio a una movimentazione più massiccia di protesta di quello che si annuncia l'ennesimo autunno caldo. E' ancora una volta l'incertezza a regnare.
"Il problema - spiega Bruno Manganaro, segretario genovese della Fiom Cgil - è che non sta succedendo nulla, non c'è nessun confronto dei sindacati nè con Mittal nè con il Governo che scappa e si rifiuta di fare incontri. Roma non rispetta gli accordi che avevamo siglato, aspetta le elezioni col rischio di fermare gli stabilimenti". Una situazione che ha portato allo stop praticamente completo degli investimenti in Italia.
Il premier Conte guarda all'orizzonte e cerca una soluzione a una vicenda che diventa sempre più problematica con il tempo che continua a scarseggiare: "Per l’ex Ilva serviva un partner industriale, in Italia non si è fatto avanti nessuno. Abbiamo bisogno di ArcelorMittal. E' entrata la parte pubblica, loro hanno fatto retromarcia". Nel frattempo il presidente del consiglio continua a prevedere un futuro green per Taranto, sempre nell'ambito della produzione siderurgica.
E Genova? Per ora nell'attesa di schiarite, per il momento ben nascoste dalle nubi che circondano il futuro della siderurgia in Italia, a Cornigliano si lavora a metà. Tutti i 997 attuali dipendenti lavorano ma a rotazione due settimane a testa al mese: una situazione che coinvolge tutti, operai, impiegati e tecnici. In questo caso oltre all'incertezza sul futuro ci si è messo in mezzo anche l'emergenza legata al coronavirus e alle misure da adottare per limitare la diffusione del virus. Sono invece 260 i lavoratori in amministrazione straordinaria a Genova.
A Taranto ArcelorMittal ha comunicato ai sindacati l'incremento, a partire dal 14 settembre, di ulteriori 9 settimane della cassa integrazione con causale Covid-19. Stesso obiettivo raggiunto anche a Genova con la firma sottoscritta in giornata. “Si tratta di un passaggio importante per garantire nel rispetto dell’accordo la massima rotazione possibile ai lavoratori mentre sullo sfondo resta ancora l’incertezza totale sul futuro di Arcelor Mittal”, spiega in una nota Alessandro Vella, segretario generale Fim Cisl Liguria.
"Anche a Cornigliano c’è forte preoccupazione per quello che potrà accadere. Durante l’incontro c’è stata comunicata l’apertura a Genova di un centro di formazione che consideriamo molto positivo ma la totale assenza di chiarezza da parte del Governo è un fatto oggettivo che lascia aperti scenari molto pericolosi dal punto di vista occupazionale. Ci aspettiamo davvero che finalmente si metta nero su bianco anche il futuro dello stabilimento genovese”, conclude Vella
Intanto a Genova prosegue la produzione della banda stagnata che porta poi alla produzione delle lattine e tutto quello legato alla zincatura. Un possibile punto di forza per lo stabilimento genovese. Il tempo intanto scarseggia. Con forza i sindacati uniti chiedono un incontro al Governo e ad ArcelorMittal. Genova è stata la prima a scendere in piazza appena le norme anti covid lo hanno permesso lo scorso 18 maggio. "Dopo lo stato di agitazione decideremo quali saranno le nostre iniziative - prosegue ancora Manganaro -. Ci prepariamo a una battaglia difficile con Mittal che ha le carte in mano. In queste vicende c'è solo un unico modo per far valere la voce dei lavoratori, sciopero, corteo e rabbia per costringere il Governo a discutere con noi" conclude il segretario genovese della Fiom Cgil.
cronaca
ArcelorMittal, scatta lo stato di agitazione: lavoratori pronti a tornare in piazza
Manganaro (Fiom Cgil): "Il Governo scappa e si rifiuta di fare incontri"
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