Dodici persone da circa una settimana sono in isolamento volontario domiciliare a Genova perché "contatti di caso" di un ragazzo risultato positivo al coronavirus. La notizia sarebbe piuttosto comune se non fosse che queste persone, tra i 29 e i 32 anni, per una settimana non hanno ricevuto alcun tipo di informazione sulla data in cui effettuare il tampone, vivendo in un limbo di incertezza spezzato solo dalla tenacia di qualcuno di loro. Lo racconta all'agenzia Agi uno dei ragazzi coinvolti, chiedendo di rimanere anonimo.
"Appena saputa la notizia dal nostro amico risultato positivo, ognuno di noi ha contattato il proprio medico di famiglia e ha fatto partire la pratica di segnalazione. La prassi è l'autoisolamento preventivo nell'attesa del tampone da parte dell'Asl. Dopo 6 giorni nessuno di noi era ancora stato contattato". I ragazzi si sono però rimboccati le maniche: "Tutti noi abbiamo fatto innumerevoli tentativi di parlare con qualche operatore sanitario, ma ai numeri telefonici Asl o non rispondeva nessuno o partiva un disco registrato". Agi ha contattato anche il ragazzo positivo, colui che ha subito avvertito gli amici dopo la notizia: e' proprio qui, sottolinea, che c'è il cortocircuito: "Sono intercorsi giorni, circa una settimana, dalla notizia della mia positivita' al tampone a quando sono stato contattato dalla Asl per tracciare i contatti. Le persone venute in contatto con me le ho avvertite da subito io. E, appena appresa la notizia, non sono riuscite a mettersi in contatto con Asl o l'hanno fatto con scarsi risultati".
Il paziente Covid positivo, appena avvertiti i sintomi influenzali riconducibili al coronavirus, ha chiamato il numero verde che ha, a sua volta, allertato il sistema ospedaliero. Il giovane, dopo misurazione dell'ossigenazione, è stato portato in ambulanza presso una struttura sanitaria dove è stato sottoposto ad esami e tampone. Il risultato è arrivato entro 24 ore dall'arrivo: "Nonostante la risposta sanitaria nei miei confronti sia stata immediata, in ospedale mi è stato detto che non sarebbe dovuta andare così: non doveva accadere che da subito, con i sintomi influenzali, venissi portato in ospedale. Quel che ho notato è che non c'era organizzazione e che, di base, sembrava non si sapesse come fare le cose".
Con il ragazzo positivo al Covid convive una persona che ha fatto il tampone "dopo una settimana che è stata riscontrata la mia positivita'", racconta. Anche sul fronte della app Immuni si registra un certo ritardo: "sono stato contattato dall'operatore sanitario una settimana dopo che sono stato riconosciuto positivo" dice il ragazzo. Il gruppo di amici vive a ridosso della zona della cosiddetta "movida" genovese, dove da due giorni il sindaco Marco Bucci ha nuovamente imposto l'obbligo di utilizzare la mascherina anche all'aperto h24, proprio con l'obiettivo di stroncare sul nascere possibili focolai, alla luce dell'aumento dei casi riscontrato. Nel gruppo degli autoisolati c'è chi lavora nella ristorazione, chi fa il dentista, chi studia, chi è ancora in smartworking: un gruppo eterogeneo la cui vita si è di fatto messa in standby da una settimana. Per alcuni, contattati solo in queste ore, i tamponi verranno effettuati tra domenica e martedì.
Altri ancora non sono stati contattati, altri si sono rivolti, in mancanza di risposte, alla sanità privata. E' il caso di Mariarosa Boggio, dipendente Asl in pensione e madre di una delle ragazze coinvolte nel gruppo in autoisolamento. La mamma di questa ragazza, contatto di contatto, stando a quanto riferito dal suo medico di famiglia, non era obbligata all'autoisolamento, ma ha comunque adottato tutte le precauzioni, in primis non entrare in contatto diretto con altre persone, come i 2 nipotini che non vede da una settimana. Dopo l'autodenuncia, ha atteso notizie sul tampone che non sono arrivate e, dopo essersi consultata con il proprio medico, ha scelto di fare un tampone privatamente trovandosi in un laboratorio dove venivano svolti diversi tipi di esami e analisi, dalle mammografie alla tac, passando per l'esame del sangue, fino ai tamponi covid, con una promiscuita' che stride con la logica del non assembramento.
"Sono arrivata alle 8.40, chiamavano il numero 29. Il mio era il 114, questo per dire quanta gente ci fosse. E non c'erano code o spazi riservati: eravamo tutti lì". Mariarosa ha scelto il test rapido, risultato poi negativo. Una scelta che hanno fatto in moltissimi, pur di non attendere per giorni l'appuntamento della Asl. Il servizio pubblico è indietro di almeno 10 giorni nell'esecuzione dei tamponi (al San Martino, hub centrale per la lotta al covid in Liguria, in media se ne processano 1500 al giorno, ndr). Nel frattempo chi è un contatto di caso Covid, chi lo è stato e magari non lo sa, continua a circolare innescando un circolo vizioso che impone di essere fermato per non incappare in nuove misure stringenti, con potenziali zone rosse e mini lockdown.
La replica è arrivata all'Agi da Filippo Ansaldi, responsabile Prevenzione di Alisa. In merito al caso sollevato da un gruppo di 12 cittadini genovesi, contatti di caso positivo al Covid che attendono un tampone - isolati in casa - da circa una settimana, Ansaldi ha precisato che "tamponare i contatti di caso è una procedura implementata dal sistema sanitario ligure: le raccomandazioni di Alisa lo prevedono, ma non lo prevedono le linee guida delle circolari ministeriali. E' un voler essere più vicini al cittadino e più sicuri di quel che sta succedendo sul territorio". Ansaldi spiega inoltre che, dal punto di vista scientifico, "è raccomandato fare il test tra l'ottava e la dodicesima giornata dall'esposizione e non subito. Quindi si aspettano dieci giorni per avere un risultato affidabile".
La mole di lavoro è importante. "Ogni Asl delle 5 in Liguria ha almeno un laboratorio che lavora a processare i tamponi. Il centro di riferimento regionale, ovvero il San Martino di Genova, arriverà a 2mila tamponi al giorno (oggi sono circa 1500 ndr). Negli ultimi 10 giorni facciamo quasi 3mila tamponi in media al giorno (in tutta la Liguria), 2 tamponi ogni 1000 abitanti pari al 30% in più della media nazionale. Vi è un piano regionale per arrivare a 4mila tamponi". Fondamentale secondo il professore è il comportamento del cittadino: "Tutti gli operatori sanitari sono impegnati, ma lo sforzo è minima cosa se la gente non rispetta le regole. C'è questo episodio di un ragazzo che frequenta la scuola secondaria, che ha sintomi Covid, il giorno dopo va a giocare a pallone, partecipa a una festa, si presenta a scuola, esce da scuola, va in ospedale, gli fanno il tampone e risulta positivo. Il dipartimento ha tamponato tutti i compagni di scuola, poi arriva la richiesta di tamponare anche i compagni della fidanzata, contatti di contatti. A fronte di un comportamento irresponsabile, sottoponiamo il sistema sanitario a uno sforzo enorme", conclude Ansaldi.
salute e medicina
Coronavirus, 12 in isolamento a Genova: "Una settimana per un tampone"
Alisa: "Per contatti di caso test in 8-12 giorni"
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