In tutto il pandemonio che si è scatenato intorno alla seconda ondata della pandemia, il gioco di parole è assolutamente voluto, ci sono aspetti che andrebbero chiariti il più rapidamente possibile.
Primo: se le strutture sanitarie, leggasi i pronto soccorso e gli ospedali, cominciano ad essere insopportabilmente sotto pressione è perché qualcuno ai pronto soccorso e negli ospedali ce le manda, le persone. Anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Sicuri che non ci sia responsabilità alcuna da parte di chi, palesemente, non fa informazione ma terrorismo?
Secondo: i medici di famiglia devono tornare ad assistere a casa i loro pazienti, dice la regola praticamente unanimemente sottoscritta da virologi, epidemiologi e "ologi" vari. Alzi la mano, però, quanti hanno visto il loro medico a casa, a visitarli e a rispondere alle legittime domande con una diagnosi. Che magari col Covid non c'entra un fico.
Terzo: un po' tutti adesso urlano che ci sarebbe voluta ben altra programmazione per far fronte a questa seconda ondata della pandemia. Hanno ragione, però mi chiedo dove fossero quando si sarebbe dovuto incalzare "chi di competenza". Tale assenza, tuttavia, non può giustificare l'inerzia dei politici. Molti di loro, anzi, per settimane sono andati avanti a dire che, di fatto, il virus non esisteva più o era sotto controllo. Io mica me lo sono scordato il Matteo Salvini che guerreggiava simbolicamente contro la mascherina. E gli elettori non devono essersi scordati che l'ex assessore Sonia Viale, pure lei leghista, non ha brillato per iniziativa su tutte le criticità della sanità pubblica ligure. Anzi, è sembrata più attenta alla privatizzazione della salute. Se nelle urne è stata sonoramente bocciata non sembra proprio una casualità.
Quarto: bisogna costruire un argine al Covid che sia in grado di tenere presente il fatto che l'Italia non può assolutamente permettersi un nuovo lockdown generale. In questo momento, quindi, la linea del premier Giuseppe Conte è l'unica ragionevole: blindature locali, ove necessarie, con massima responsabilità a sindaci e governatori. Non per scaricare su di loro, ma perché ognuno di loro meglio di chiunque al governo può conoscere le diverse situazioni locali. Magari evitiamo di sovrapporre ordinanze che sostanzialmente dicono la stessa cosa, come in qualche circostanza Regione Liguria e Comune stanno facendo a Genova
Quinto: i tamponi sembrano diventati come la cassa integrazione, non si negano più a nessuno. Cassa per milioni di persone come tamponi per decine di migliaia. Vai a capire, tuttavia, perché puntualmente si incontrano persone che non hanno ricevuto ancora la cassa integrazione e che non riescono a fare i tamponi.
Sesto: il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti si tiene la delega alla Sanità. Ha spiegato, nella lunga intervista rilasciata lunedì a Primocanale, "per garantire rapidità di decisioni e una piena e diretta assunzione di responsabilità". Non vedo come l'una e l'altra potrebbero venire meno se anche nominasse un assessore alla Sanità. In più Toti si tiene la delega al Bilancio e sta per assumere la prestigiosa e cruciale carica, soprattutto in tempi di pandemia, di presidente della Conferenza delle Regioni, al posto dell'emiliano-romagnolo Stefano Bonaccini. Un dubbio: non è che il governatore ligure vuol fare l'uomo solo al comando su tutto il possibile?
Post scriptum: autocitarsi non è mai un bell'esercizio, ma tocca farlo visto che il mondo è popolato da molte anime candide. Pur nel massimo rispetto delle opinioni discordanti dalla mia, rammento che il 20 aprile su questo stesso sito compariva un mio commento dal titolo "In autunno pandemia più forte, urge occuparsi della fase 3". E, fra l'altro, scrivevo: "Dunque la domanda è: mentre ci si accapiglia sulla riapertura, c'è qualcuno che si sta occupando della fase 3, cioè il ritorno delle condizioni più pericolose del contagio?". Amen
politica
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