Ha destato alcune polemiche la proposta di destinare parte degli studenti del quinto e sesto anno di medicina a Genova all’attività di contact-tracing, ovvero al tracciamento dei contatti per contrastare la diffusione del Covid-19. I ragazzi che aderiranno andranno ad affiancare le decine di operatori di Asl3, svolgendo l’attività da casa, e le ore impiegate saranno contate come tirocinio. 500 gli studenti coinvolti che per un minimo di 2 settimane, in turni di tre ore, daranno una mano: sarà riconosciuta una corsia professionalizzante ogni 40 ore di attività. Nelle altre regioni, il reclutamento straordinario è già partito. Ma, in realtà, la proposta nasce proprio dall’esigenza di andare incontro ai ragazzi che da marzo 2020 non frequentano le corsie. Il problema, infatti, è che i tirocini sono rimasti bloccati a causa dell’emergenza sanitaria.
“Abbiamo calcolato che in media gli studenti in pari con il loro percorso di studi sono indietro di almeno 5 o 6 mesi con le ore da svolgere in reparto”, spiegano i rappresentanti degli studenti di Medicina e Chirurgia a Primocanale. “Quello che ci preoccupa attualmente è come recuperare questi Cfu e riuscire a laurearci in tempo tra lezioni, esami, tesi. Siamo contenti per questa iniziativa perché vogliamo aiutare e ci manca il contatto con il paziente, dato che non entriamo in ospedale da più di 9 mesi se non per la tesi”. Ma alcuni, emerge da un sondaggio fatto sul gruppo Facebook degli iscritti alla facoltà, preferirebbero “alternative di tirocinio, poiché questa attività la ritengono più di volontariato che formativa”. E si guarda ad altri atenei che stanno già proponendo attività online o in presenza.
Il dialogo con l’Università di Genova resta aperto e proprio in questi giorni si sta lavorando a delle soluzioni. “Da gennaio puntiamo a riaccogliere i tirocinanti in presenza, che verranno però divisi in gruppetti più ristretti e distribuiti su diversi ospedali regionali, in modo tale da evitare assembramenti all’interno dell’hub dell’Ospedale San Martino”, spiega il professor Gianmario Sambuceti, preside della Scuola di Scienze mediche e farmaceutiche. “Ringrazio la giunta regionale e le strutture ospedaliere liguri che hanno aderito, rendendo questa opzione una possibilità. Ma ci sono dei protocolli che dovremo mettere in campo, dalle autocertificazioni ai tamponi per gli studenti, che verranno destinati a reparti non Covid e a basso rischio di contagio”, motivo per cui i tempi organizzativi richiedono ancora un mese di preparativi.
Tutto questo sarà possibile sempre tenendo conto della situazione sanitaria. “Comprendiamo le istanze dei ragazzi e cercheremo di fare il possibile per fare sì che tornino a imparare sul campo, seguiti da medici e specializzandi”, prosegue Sambuceti. “Ma dobbiamo valutare anche il livello di stress sugli ospedali”. Forse è anche proprio per il timore di una nuova impennata di contagi e di pazienti ospedalizzati che Unige sta implementando la piattaforma online. Nel caso in cui a gennaio non fosse possibile ripartire in presenza bisognerà trovare soluzioni alternative, anche se la maggior parte tra studenti e professori si augura che ciò non accada.
salute e medicina
Covid, studenti medicina 'arruolati' per contact-tracing. Ma il problema è lo stop ai tirocini
L'Università di Genova: "Da gennaio ripartiranno in presenza nei diversi ospedali liguri"
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