cronaca

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“Prima di tutto cercate“. È un libro di don Marco Granara, rettore del Santuario Nostra Signora della Guardia dal lontano 1996 e presidente della Fondazione Antiusura. Un titolo di libro, scaturito dalle innumerevoli risposte fornite ai lettori del Bollettino pubblicato lassù, per sintetizzare una vita di fede legata a chi, dall’alto del monte Figogna, ha accolto, in uno dei luoghi simbolo della Chiesa genovese, Papa Benedetto XVI nel 2008 e Papa Francesco nel 2017: due visite che seguirono quella di Giovanni Paolo II risalente al 1985. 
 
 
 
Lo chiamano monsignore, ma lui sfugge all’etichetta. Vuole essere considerato un semplice sacerdote, don Marco Granara. 
 
 
 
Lo rimarca a ogni occasione, sempre legata al richiamo delle proprie origini che rimandano alla piccola parrocchia di San Bartolomeo. 



Non dimentica la devozione per la famiglia, ne tratteggia la sintesi con chiunque abbia la fortuna di avviare una conversazione assieme al pastore venuto da Savignone: “Papà Gianni, umile camionista, mi ha insegnato a pregare. Mamma Maria, mi ha passato il senso dell’amore gratuito, la differenza tra l’essenziale e le “scemaie”. I miei fratelli di cui mi consola la loro gioia e il loro affetto. Lo zio Angelo, sobrio, austero e delicatissimo, vero modello di prete”. 
 
 
 
Tuttavia, nella vita di quella guida spirituale, divenuto ministro di Dio nel 1963 senza mai dimenticare la dimensione paesana, sotto certi aspetti come il contadino Beato Pareto, spiccano altre​ figure e tappe fondamentali: “I tanti che mi hanno aiutato in umiltà come la fedelissima Rina. Uomini e donne che mi hanno tolto mille problemi pratici per rendermi totalmente a disposizione al ministero della predicazione e alla preghiera”. 


 
 
L’incarico iniziale a Montoggio dove ricorda d’aver imparato i primi passi di fede e politica: “Un indimenticato amore”. Successivamente a San Gottardo: “Bagno di umanità e giovinezza”. Poi, addirittura, 18 stagioni alla Provvidenza: “Non ricordo le fatiche, solo le grazie”. Parallelamente, l’opera giornaliera al fianco di innumerevoli gruppi: i lavoratori della Cge, di Galante, Omsa, Officine del Porto. “Impossibile dimenticare le collaborazioni con gli amici disabili della Casetta di Calvari o con i medici del “Vangelo dei martedì” piuttosto che le Suore Francescane del Monte o i ragazzi del Gruppo Giovani Guardia. Non meno rilevanti le frequentazioni dei movimenti “Cursillos” e di “Proposta”. Assai significativo l’impegno alla guida della Fondazione Antiusura, la vicinanza alla Chiesa gioiello di Banchi nel cuore di Genova: “Un posto d’onore nel mio cuor anche a molti preti amici, a infinite realtà laicali della Chiesa aiutate come vicario episcopale su incarico dei vari arcivescovi”.
 
 
 
E poi un quarto di secolo alla Guardia, quella che lui non perde occasione di definire, con infinito rispetto, come la “Madonna dei Poveracci”. 
 
 
 
Il monsignore venuto dalla Vallescrivia, che risiede sulle alture di Ceranesi da 25 anni, e guarda la Valpolcevera dall’alto, non ha dubbi sulla figura al centro di quel Santuario: “Ha rimesso in moto, e vuole farlo ancora, un mondo in piena crisi. Mi ha aperto orizzonti sconfinati nelle profondità di migliaia di coscienze e nell’estensione mondiale – le “periferie” di Papa Francesco – della presenza dei suoi figli”.
 
 
 
Fino alle 80 candeline d’oggi. Qualche ora appena per voltarsi indietro e ripartire verso nuove parole di conforto per chi sale in cima al monte: “Perché’ tutte le sofferenze finiscono alla Guardia”. Buon compleanno, don Marco.