Per tirare un bilancio diverso da quello abituale da giovani giornalisti ci divertivamo a scegliere chi erano i personaggi che “spuntavano” nel racconto dei mesi appena conclusi. E non era difficile costruire una hit parade, in cui spiccavano spesso se non sempre politici, amministratori e anche imprenditori.
Ho provato a ripescare quello schema stagionato e magari fuori moda e applicarlo a questo terribile 2020, che ci siamo appena gettati alle spalle. Chi è emerso nella nostra terra nel Ventiventi, un anno che prometteva tanto e che si è rivelato poi il più difficile della nostra storia, schiacciando quasi tutte le attività, a partire dalla politica, dalla amministrazione per non parlare dell’imprenditoria.
A me pare che stacchi un personaggio come Matteo Bassetti, il clinico delle Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino, diventato una specie di ospite fisso della comunicazione sopratutto televivisa e non solo, di fronte alla malattia che era in prima linea a affrontare.
Bassetti è diventato una vera star, e come tale ha suscitato anche le ondate contrarie, in quel meccanismo inesorabile dell’invidia, sopratutto di quella della sua categoria. Si sa la visibilità eccessiva produce subito un effetto contrario. E’ stato quindi criticato pesantemente, a partire dalla storia della pubblicità all’ albergo di sua moglie, per le prime opinioni che ha espresso sul terribile virus, apparse troppo ottimistiche. Ma ha sempre tenuto botta, sopratutto all’accusa di avere fatto una carriera solo grazie al suo nome. Ha continuato a spiegare e a metterci la sua faccia a tutte le ore del giorno e della notte. Conosciamo i meccanismi della comunicazione, che creano un personaggio spesso anche un po’ automaticamente, ma solo se il personaggio c’è, anche con la sua carica di giudizi contrastanti. E Bassetti sicuramente c’è stato e continua ad esserci.
E’ grazie a lui che Genova e la sua Clinica sono apparsi per tutti questi mesi continuamente “consultabili” in Italia, nei salotti un po’ così della D’Urso,ma anche nelle trasmissioni più solide giornalisticamente. E poi va ricordato che uno dei pochi farmaci che sono stati trovati per combattere la Bestia del virus, lo ha scoperto lui, il Remdesevir, ed è stato importato e testato per la prima volta al san Martino di Genova.
Ci hanno poi curato perfino Trump e Berlusconi, con effetti positivi e le lodi di Li Fauci, il grade virologo americano.
Per motivi completamente opposti si merita una citazione anche padre Marco Tasca, il francescano che da luglio è il nuovo vescovo di Genova. Successore di “principi” della Chiesa come Bagnasco, Bertone, Tettamanzi, un po’ meno Canestri e ovviamente Siri, è entrato nella nostra città con il suo saio da francescano, le scarpe grosse, riconoscibile solo per il zucchetto viola. Abita in convento, gira per le parrocchie senza praticamente farsi annunciare, per non disturbare troppo, ma sta facendo un percorso dentro alla città, alle sue parrocchie molto profondo di ascolto, come è nello stile del papa Francesco che lo ha mandato qua con una scelta “rivoluzionaria” anche per i genovesi, abituati al loro bel cardinale, ben insignito dei suoi abiti rosso porpora in san Lorenzo.
Un cambio forte, che va sottolineato e che merita attenzione e giudizi sicuramente più “lunghi”.
E poi lasciatemi citare per ultimo, smascherando la mia non certo ignota fede genoana, il terzo nome del mio 2020, Davide Ballardini , l’allenatore rossoblùm che arriva per la quarta volta a Genova con la missione di salvare la sua squadra, dopo essere stato sempre invocato e poi scartato, anche con male parole dal suo presidente che dopo l’ennesima salvezza lo definì “il più scarso”.
Questo romagnolo, un po’ ermetico negli atteggiamenti esteriori ma non nei sentimenti, è tornato sereno e deciso, non certo perché gli manca la dignità, ma per un attaccamento al suo lavoro e anche alla squadra che lo chiama e alla città, che ha più volte dichiarato di amare, definendosi fortunato di poter vivere qua.
Insomma tre casi di un rapporto con Genova che vanno sottolineati. E che ovviamente sono opinabili. Ma questo è il bello delle hit parade, sopratutto se firmate dai vecchi giornalisti come me.
IL COMMENTO
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