Ancora una volta il manto erboso di Marassi diventa un caso nazionale. Mercoledì scorso si era lamentato il tecnico della Sampdoria Claudio Ranieri, pur avendo battuto l'Inter, a proposito del terreno allentato dalla copiosa pioggia. "Il campo era al limite della praticabilità - aveva detto – Quanto ci vuole a comprare i teloni e coprire il campo? Si sa che a Genova piove tanto…". Da Tursi era arrivata una puntualizzazione: i teloni erano stati acquistati nel 2011. Ma non sono eterni.
Adesso è la volta di Sinisa Mihajlovic che, nel tentativo di giustificare la batosta del suo Bologna al cospetto del Genoa, accusa le condizioni del terreno: "Questo è un campo di patate, in Serie A nel ventunesimo secolo è una vergogna! Abbiamo cercato di fare la nostra partita, ma una squadra tecnica in un campo così perde i tempi di gioco. Chi deve rompere il gioco si trova più facilmente". E ancora: "Il campo ci ha penalizzati, neanche quando giocavo da ragazzino era così. E’ un campo dove coltivare le pannocchie più che fatto per giocare a calcio”.
Di là dalle contingenze tecniche, emerge il problema degli standard di qualità nella manutenzione dello stadio in ogni sua componente, dopo il passaggio della gestione dal Comune alla società mista tra Genoa e Sampdoria.
Fino a quando è stato possibile l'accesso al pubblico, gli spettatori si sono lamentati - anche contattando Primocanale con telefonate e messaggi - dell'incresciosa fatiscenza dei servizi igienici di distinti e gradinata.
La capienza è stata bruscamente ridotta, con la tribuna superiore prima chiusa per l'intero campionato 2018/'19 e poi adibita a una sovradimensionata tribuna stampa, mentre la tribuna inferiore anch'essa rimpicciolita è oggetto di un velleitario adattamento all'ospitalità di lusso.
Ma a preoccupare è soprattutto il terreno: la primavera è ancora lontana, le condizioni del prato sono discutibili, avranno i gestori la volontà e la forza economica di rispettare le minime esigenze di garanzia della funzionalità dell'impianto? Non è tranquillizzante la fisionomia della società mista di gestione, con Genoa e Sampdoria guidati da due "foresti" il cui unico legame con la città concide con il controllo della rispettiva squadra, utilizzata precipuamente come puro strumento imprenditoriale in esplicito antagonismo con le tifoserie, senza ambizioni agonistiche diverse dalla permanenza in quella serie A che consente appunto la prosecuzione degli affari al miglior livello.
Date queste premesse, tocca al Comune - nell'interesse economico di tutti i cittadini, anche di quelli disinteressati al calcio - pretendere che la società di gestione mantenga in ordine un bene pubblico strategico, costruito 33 anni fa con i soldi dei contribuenti e inutilmente messo in vendita all'attenzione delle due stesse società. Altrimenti l'impressione è che la civica amministrazione si sia sbarazzata di un immobile che era fonte di costanti perdite, affidandolo però a soggetti privi di ogni interesse alla sua apprezzabile durata nel tempo e quindi abbandonandolo al suo destino. Restando però lo stadio di proprietà comunale, Tursi eserciti a fondo i poteri di controllo su come gli "inquilini" lo stiano trattando, per non trovarsi presto o tardi una parte del patrimonio cittadino gravemente deteriorata, con relativo aggravio delle spese.
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Anche l'allenatore del Bologna come quello della Sampdoria critica il terreno
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