Ecco che la voce femminile che arriva in diretta all’800.640.771, alle 10:20 della mattinata, alza il sipario su un aspetto, certo il meno importante della pandemia, ma che, tuttavia, merita una riflessione.
Insieme con il coronavirus, abbiamo dovuto immagazzinare una valanga di termini mutuati dal vocabolario anglosassone.
Cluster, drive through, triage.
Il virus ha approfittato della pandemia per infettare la nostra lingua. Gli esempi dell’infezione sono già troppi. Dai social ai report giornalistici spuntano le “droplet” (le goccioline di saliva) e osserviamo il “timing” dell’epidemia, i tempi del “lockdown”, così come la distribuzione dei “kit” per gli esami seriologici, la conversione di alcune strutture a “covid hospital”, la creazione di “software” per le “app”, con i relativi pericoli del “data breach”, e i dubbi sull’affidabilità degli “screening”, e anche dei “termoscanner” (a mio avviso molto meglio il caro, vecchio termometro col mercurio) cui saranno da preferire le “termocam" utilizzate anche dagli “hub” della logistica.
Per l’italiano non c’è spazio neanche in piena pandemia.
La scuola: avanti con gli studenti che si attrezzano con “tablet” e altri “device” oltre a “videotutorial” per l’”e-learning”, le aziende con lo “smart working” e l’”e-commerce” per salvare il “brand” e il “target”, mentre gli economisti chiedono all’Europa “Eurobond” o “Coronabond”, anche nella sua parabola monetaria di “Eurofund”, come suggeriscono le varie “task force” di tecnici chiamati in trincea contro il virus.
E penseremo finalmente a una Fase 2 con tanto di “bike sharing”, menu “contactless” e “digital” al ristorante o in “delivery” con sportelli di ascolto per camici bianchi contro il “burnout”, e “webinar” sull’”undertourism” dopo l’”overtourism”.
Riaffioro da questa valanga di anglicismi rincuorando la signora Bruna di Pegli che ha chiamato questa mattina, rispondendole che, almeno, la parola chiave della pandemia è nostra, o meglio, è latina: virus. Che, peraltro, in italiano significa: veleno.
“E adesso un attimo di pausa… Pubblicità. Anzi: spot!”.
IL COMMENTO
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