Covid 19, variante inglese, maglia nera da contagi, Rsa infettate, classi in quarantena, alcuni plessi chiusi e, come se non bastasse, 71esima edizione del Festival tra una quindicina di giorni.
Quanto sopra comporta 3000 persone in più in una città nel cui ospedale, l'unico nosocomio che in provincia si occupa di Coronavirus, in questi giorni si stanno togliendo posti letto in altri reparti per aggiungerne al piano destinato ai pazienti il cui tampone è risultato positivo.
Per la città di Sanremo il festival non è solo musica ma bilancio di palazzo Bellevue. La convezione con la Rai lascia infatti nelle casse comunali una cifra a 6 zeri. E il Festival si farà ma seguendo un protocollo stilato dalla tv Stato.
Innumerevoli le richieste da parte delle associazioni di categoria di posticipare l'evento di qualche mese in maniera tale da non mettere a repentaglio la salute pubblica e, in termini economici, dare la possibilità ad imprenditori e commercianti di lavorare.
Si, lavorare indistintamente e non stipulando qualche convenzione. L'accordo prevede infatti il coinvolgimento di alcuni ristoranti e di alcuni degli alberghi preposti ad ospitare le 3000 persone. Una scelta che sta facendo discutere e riflette una situazione ben più complessa: la possibilità di svolgere un Festival in un teatro quando l'intero mondo della cultura e dello spettacolo ha i portoni chiusi da mesi. Non importa se con o senza pubblico, se o senza nave in bella vista...importa il perchè. Sanremo è una città divisa: economisti e salutisti. Chi ha paura di morire di fame, chi ha paura di morire di Covid.
Certo è che nessuna delle due fazioni potrà ritenersi contenta: economicamente parlando il Festival non sarà redditizio poiché la zona interessata sarà blindata e davvero in pochi avranno il privilegio di lavorare, a livello di salute invece, inutile ribadire le regole base in un momento di pandemia. In questo Festival non ci saranno vincitori: solo rabbia, paura e un arancione impietoso.
IL COMMENTO
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