
Tutto è partito dalle denunce presentate da alcuni dirigenti scolastici del territorio ligure che lamentavano questo problema già nel primo lockdown.
Il lavoro della polizia postale non è stato semplice, ma alla fine si è arrivati a individuare gruppi su Telegram ed Instagrama creati appositamente con la finalità di disturbare le lezioni.
A condividere i codici di accesso alle video-lezioni spesso erano gli stessi studenti, anch’essi individuati dai poliziotti, che si sentivano al sicuro per via della apparente percezione di anonimato che sembra essere garantito dalle piattaforme social, riuscendo a pianificare attacchi durante le interrogazioni programmate.
"La Polizia Postale non ha tempo da perdere nel cercare di trovarci" dicevano nelle loro chat e invece gli agenti erano proprio sulle loro tracce.
Le indagini si sono così concentrate attorno ai tre denunciati che, una volta identificati, hanno subito ammesso le condotte contestate e devono ora rispondere di accuse anche piuttosto pensanti come interruzione di pubblico servizio e accesso abusivo ad un sistema informatico e telematico.
Sono in corso ulteriori accertamenti per scoprire altre responsabilità.
IL COMMENTO
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