L'avvio della procedura di cassa integrazione decisa dell'ex Ilva è un fulmine che incendia l'animo dei 981 lavoratori dello stabilimento di Cornigliano.
Dietro l'angolo un'estate bollente con scioperi e manifestazioni.
Aspettando l'arrivo del ministro al Lavoro spezzino Andrea Orlando, che doveva giungere a Genova oggi, venerdì 4 giugno, ed invece arriverà la prossima settimana, i lavoratori "affilano le armi": martedì pomeriggio si riuniranno in un consiglio di fabbrica e lì sarà decisa la strategia di lotta.
Come ha annunciato a Primocanale Bruno Manganaro, segretario Fiom Cgil, storico leader dei metalmeccanici, "quanto deciso dall'azienda è inaccettabile e illeggittimo. Dunque noi non ci piegheremo. Il rischio è di fare pagare sulla pelle dei lavoratori errori di programmazione dei "padroni", come si chiamavano un tempo, perché si vuole lasciare a casa un'azienda che ha mercato e che se ci fossero delle programmazioni serie potrebbe lavorare a pieno regime".
Chiusa l'attività a caldo nel 2005, l'anno dell'accordo di Programma che ha lasciato a casa circa 250 operai, ora impegnati in lavori socialmente utili, le snelle acciaierie di Cornigliano sembravano destinate a decollare leggere. E invece... i fratelli Riva sono appena stati condannati dalla procura di Taranto insieme all'allora governatore Vendola, per reati ambientali nell'inchiesta Ambiente Svenduto, a conferma degli intrecci di malaffare che hanno affossato anche ArcelorMittal, nuovi padroni dal 2010, altra delusione, per questo ora affiancata dallo Stato.
"Il nostro mercato tira - ribadisce Manganaro - e chiede la latta che viene prodotto solo a Genova e invece l'Ilva fa di tutto per non farci lavorare, unico gruppo dirigente che fa di tutto per non farci lavorare. Noi speriamo che il gruppo rimanga unito e i rotoli arrivino da Taranto, dopodichè scriveremo perchè queste condizioni sono inaccettabili e e vogliamo un incontro urgente con l'azienda, le nostre sono appetibili? Certo, ma sono destinate alla siderurgia come detta l'accordo di programma.
Ronco Genco della Fim Cisl ribadisce gli accordi vanno mantenuti: "Nel 2018 avevamo firmato accordo per cui entro il 2023 per Genova e entro il 2025 per Taranto tutti i lavoratori in cassa sarebbero dovuti rientrare con tanto di investimenti di quattro miliardi, ed invece gli unici che hanno rispettato i patti siamo stati noi. Oggi il mercato dice che la cassa integrazione è inopportuna visto che il fabbisogno dell'Italia di stagnato è di 800 mila tonnellate mentre noi ne produciamo solo 120 mila. Con una programmazione seria, come chiediamo da anni, dovremmo assumere e non lasciare a casa i lavoratori".
cronaca
Acciaierie, lavoratori pronti a scendere in piazza per dire no alla cassa integrazione
Manganaro (Fiom):"Decisione inaccettabile e illegittima. Martedì consiglio di fabbrica per decidere cosa fare"
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