Chiamarlo Safari sembrerebbe quasi irrispettoso verso le edizioni dei decenni passati; il Kenya porta alla mente vere e proprie maratone massacranti, con settori competitivi lunghi oltre cento chilometri, addirittura più di una intera tappa di una gara attuale. Già, perché la vecchio Safari Rally non c’erano prove speciali, ma appunto settori competitivi. La gara era un mix tra un rally ed un rally raid, con gli equipaggi che spesso si trovavano a dover affrontare tratti di navigazione a vista, come nelle grandi gare tra le dune del deserto.
Il Safari di oggi conserva solo il nome, è un normale rally su sterrato con prove speciali lunghe al massimo 32 chilometri, ricavate perlopiù in riserve. Gli appassionati storceranno il naso, ma bisogna rassegnarsi ad un cambiamento che è ormai irreversibile e che ha portato anche il Mondiale WRC a perdere quell’atmosfera un po’ ruspante e genuina che tanto piaceva ai tifosi.
La sfida sarà un tutti contro Ogier, come al solito. Il francese della Toyota punta dritto verso il titolo numero otto ed il Safari potrebbe rappresentare per lui la prima occasione di fuga in una classifica che lo vede al comando con 106 punti, undici più del compagno di team Evans. Gara già da ultima spiaggia per i piloti Hyundai: Neuville, terzo a quota 77, non potrà permettersi più errori, così come Tanak, quarto con soli 49 punti all’attivo. La casa koreana schiera ance Dani Sordo, che vorrà dimenticare in fretta l’errore della Sardegna, mentre con le altre Toyota Rovanpera e Katsuta sono pronti ad inserirsi nelle primissime posizioni come hanno dimostrato di saper fare. Due gli italiani in gara, Lorenzo Bertelli con una Fiesta WRC+ e Giancarlo Davite su Mistubishi Lancer Evo X.
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WRC, ritorna il Safari Rally
Gara snaturata, resta solo il nome storico
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