L'animale, che al momento del ritrovamento pesava circa 1,8 kg e misurava 23 cm di lunghezza curvilinea e 21 cm di larghezza curvilinea, era stato trasferito dalla guardia costiera genovese all'Acquario di Genova, dove lo staff medico veterinario aveva svolto tutti i controlli di routine - esami del sangue, tamponi e radiografie – riscontrando una polmonite associata ad un quadro di anemia moderata-marcata con lievi segni di rigenerazione. Dalla successiva indagine per stabilire la causa di questa anemia è emersa una forma parassitaria.
Il rilascio è avvenuto questa mattina nelle acque al largo del promontorio di Portofino dove è stata trasportata a bordo del mezzo nautico A95 del V nucleo subacqueo della Guardia costiera di Genova. Il rilascio è stato eseguito dallo staff acquariologico e medico veterinario dell’Acquario di Genova in accordo con i Carabinieri, servizio C.I.T.E.S., che coordinano a livello nazionale l’applicazione della Convenzione di Washington che tutela questi animali.
In questo anno, l’esemplare è stato mantenuto in un ambiente curatoriale, non visibile al pubblico, dove ha ricevuto tutte le cure necessarie da parte dello staff medico veterinario e acquariologico della struttura. Oggi Nena è in buono stato di salute, pesa 4 kg e compie apnee in maniera regolare; questi ultimi rilievi clinici e diagnostici permettono il suo rilascio in mare.
Prima di tornare in mare, come a tutti gli esemplari di Caretta caretta, viene inserito sottocute un microchip che consentirà, qualora l’animale venga ritrovato in altre occasioni, di acquisire dati preziosi sulla biologia e sul comportamento di questa specie (tasso di crescita, direttrici migratorie nel Mediterraneo e transoceaniche, ecc.) e una targhetta metallica sulla pinna come previsto dalle direttive ministeriali.
L’Acquario di Genova e la Fondazione Acquario di Genova Onlus sono impegnate da sempre in attività di conservazione e ricerca che riguardano molte specie acquatiche attraverso progetti di intervento sia in natura sia in ambiente controllato. A queste attività è da sempre correlata un’attività altrettanto importante di divulgazione per sensibilizzare il pubblico e tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti sulla necessità di adottare comportamenti quotidiani e sistemi di gestione che contribuiscano in maniera concreta e significativa alla tutela delle risorse naturali, con particolare riferimento alle specie che popolano l’ambiente marino. Azione che dal 2020 vede i due enti collaborare con il WWF attraverso un accordo quadro che prevede la realizzazione di attività di ricerca, divulgazione e conservazione di specie marine, specialmente nell’ambito del Santuario Pelagos.
Nena è uno tra gli esemplari di tartaruga marina che sono rinvenuti in difficoltà e trasportati all’Acquario. Non tutte, purtroppo, sono storie a lieto fine. Diverse sono le cause del ricovero, tra le principali: interferenze con le attività di pesca, principalmente dovute ai palamiti (è frequente la presenza di ami nella cavità boccale o nel tratto digerente, spesso evidenziato dal filo di nylon che fuoriesce ai margini della bocca) o alle reti (possono causare ferite, mutilazioni e, nel peggiore dei casi, il soffocamento degli animali); ingestione di corpi estranei, quali ad esempio sacchetti di plastica scambiati per meduse che fanno parte della dieta naturale di questi rettili; impatto con imbarcazioni a motore, che arrecano traumi e ferite sul carapace o sul capo (più di rado altrove), a volte letali; patologie varie e traumi, sopracitati, che provocano lo spiaggiamento dell’animale (la tartaruga marina si spinge sul litorale esclusivamente per deporre le uova, ma non sono mai stati segnalati casi di riproduzione sulle spiagge della Liguria); sversamenti o presenza di petrolio.
Anche per questa ragione, la Guardia costiera sta conducendo, su mandato del Ministero della transizione ecologica e in aggiunta alle ordinarie attività di tutela dell’ambiente marino, una campagna per la progressiva rimozione degli attrezzi da pesca abbandonati nel Mar Ligure – le cosiddette “reti fantasma” - che interferiscono con l’ecosistema in maniera incontrollata, perpetuando la loro attività di cattura senza distinzione di specie e rilasciando microplastiche per deterioramento. Un fenomeno più diffuso di quanto si possa immaginare: solo nel 2020 la Guardia costiera ha recuperato 7 tonnellate di reti dai fondali; un quantitativo equivalente a ben 240mila bottiglie di plastica abbandonate in mare.
Nena è uno tra gli esemplari di tartaruga marina che sono rinvenuti in difficoltà e trasportati all’Acquario. Non tutte, purtroppo, sono storie a lieto fine. Diverse sono le cause del ricovero, tra le principali: interferenze con le attività di pesca, principalmente dovute ai palamiti (è frequente la presenza di ami nella cavità boccale o nel tratto digerente, spesso evidenziato dal filo di nylon che fuoriesce ai margini della bocca) o alle reti (possono causare ferite, mutilazioni e, nel peggiore dei casi, il soffocamento degli animali); ingestione di corpi estranei, quali ad esempio sacchetti di plastica scambiati per meduse che fanno parte della dieta naturale di questi rettili; impatto con imbarcazioni a motore, che arrecano traumi e ferite sul carapace o sul capo (più di rado altrove), a volte letali; patologie varie e traumi, sopracitati, che provocano lo spiaggiamento dell’animale (la tartaruga marina si spinge sul litorale esclusivamente per deporre le uova, ma non sono mai stati segnalati casi di riproduzione sulle spiagge della Liguria); sversamenti o presenza di petrolio.
Anche per questa ragione, la Guardia costiera sta conducendo, su mandato del Ministero della transizione ecologica e in aggiunta alle ordinarie attività di tutela dell’ambiente marino, una campagna per la progressiva rimozione degli attrezzi da pesca abbandonati nel Mar Ligure – le cosiddette “reti fantasma” - che interferiscono con l’ecosistema in maniera incontrollata, perpetuando la loro attività di cattura senza distinzione di specie e rilasciando microplastiche per deterioramento. Un fenomeno più diffuso di quanto si possa immaginare: solo nel 2020 la Guardia costiera ha recuperato 7 tonnellate di reti dai fondali; un quantitativo equivalente a ben 240mila bottiglie di plastica abbandonate in mare.
Nella stessa mattinata, peraltro, l'Acquario di Genova è intervenuto quale relatore in un webinar organizzato dalla Capitaneria di porto di Genova, dedicato alla gestione degli esemplari rinvenuti in difficoltà in mare dalla Guardia costiera. L'iniziativa - avvalsasi anche del contributo dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta - rientra nell'ambito delle attività previste dal Protocollo d’intesa vigente tra la Direzione Marittima e l'Acquario e ha inteso fornire ai militari della Guardia costiera di tutta la Liguria un momento di aggiornamento professionale per il riconoscimento la gestione e la manipolazione dei mammiferi e rettili marini - tra cui le tartarughe Caretta caretta - più comuni del Mar Ligure.
IL COMMENTO
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