Era proprio lì a New York, a Manhattan, Carlo Piano, figlio dell’archistar Renzo Piano quell'11 settembre 2001. "Ricordo una sensazione mai provata prima per me e la mia generazione, quella di trovarsi in guerra", racconta vent’anni dopo a Primocanale. "La gente guardava con sospetto gli altri sotto il rumore degli aerei, in un mare di persone che si erano riversate in Fifth Avenue, con gli occhi pieni di lacrime". Le emozioni sono ancora vivide nella sua mente.
"Io ero lì con mio padre che doveva discutere con il New York Times la costruzione del grattacielo per la loro sede. Pochi giorni dopo il crollo delle Torri Gemelle, si iniziò a discutere se costruire ancora in futuro degli 'skyscrapers' o se fosse opportuno progettare edifici diversi. La conclusione fu che la migliore risposta al terrorismo sarebbe stata continuare a farlo ed evitare di nascondersi sotto terra nei bunker di Al Qaida, altrimenti sarebbe stata una sconfitta". Qualche mese dopo, infatti, Renzo Piano presentò il progetto del New York Times Building, costruito poi tra il 2004 e il 2007.
Una delle immagini più forti è quella di una "New York disseminata di volantini con scritto "Missing" per ricercare persone disperse. Purtroppo qualche giorno dopo iniziarono a comparire dei lumini sotto questi annunci, in segno di lutto e commemorazione", spiega Carlo Piano. Nei giorni successivi scattò il blocco aereo e Piano ricorda: "Mio padre era riuscito a partire una decina di giorni dopo, io ero caporedattore al Giornale di Milano e sono rimasto lì fino a novembre come inviato".
La cerimonia di insediamento dei talebani e la festa per il Governo dell'Emirato Islamico dell'Afghanistan non avverrà nella giornata di oggi, come era trapelato da alcune notizie. Ma vent'anni dopo quel tragico attentato che segnò profondamente gli Stati Uniti e la sua lotta al terrorismo, è inevitabile guardare con rammarico e preoccupazione quanto sta accadendo in questi giorni nel paese, dove in un lampo si è tornati indietro di vent'anni. "L’esportazione della democrazia non può essere fatta per vie militari", commenta Piano. "Certo, ci vogliono battaglie e anche delle tragedie come quelle avvenute negli anni Sessanta qui in Italia, come il delitto d’onore, per smuovere le coscienze. Se fossi uno di quei padri in Afghanistan oggi di fronte al veto di studiare per mia figlia, quello sì che per sarebbe un motivo per fare una rivoluzione".
cronaca
11 settembre, il figlio di Renzo Piano: "A New York provai la sensazione di essere in guerra"
La città cosparsa di volantini "Missing", poi di lumini
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