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Oggi Ivano Fossati compie settant’anni e davanti agli occhi di chi come me lo ama profondamente e gli è grato per le tante emozioni che ha saputo trasmettere scorre mezzo secolo di una carriera straordinaria iniziata con il rock progressivo dei ‘Delirium’ (l’album ‘Dolce acqua’ è del 1971) e proseguita poi da navigatore solitario e indipendente: un intellettuale poco o niente incline al compromesso che non ha mai voluto essere né divo né rockstar. Venti album da solista con capolavori come ‘La mia banda suona il rock’, ‘La pianta del tè’ o ‘Lindbergh’ ma anche una generosità inconsueta che lo ha portato a regalare piccoli gioielli come ‘Un’emozione da poco’ ad Anna Oxa, ‘Non sono una signora’ a Loredana Berté, ‘Pensiero stupendo’ a Patty Pravo e altri a Tiziano Ferro, Ornella Vanoni, Zucchero e Mina. Ma su tante collaborazioni la più importante rimane ovviamente quella con Fiorella Mannoia iniziata nel 1988 con ‘Le notti di Maggio’ che a Sanremo arrivò soltanto decima!
Chissà se i settant’anni hanno ammorbidito il carattere di chi una volta era stato definito dall’amico Fabrizio De André (con cui ha collaborato per ‘Le nuvole’ e ‘Anime salve’) “ursus de spelunca genuensis”. Forse rimane scontroso e musone ma non c’è dubbio che dentro di sé viva ancora un nomade sempre alla ricerca di nuovi itinerari da affrontare, nuove rotte da seguire. E poco importa se magari non le condividerà più con noi, anche se la speranza di un nuovo album è dura a morire. Resta comunque quello che ci ha regalato finora: canzoni che guardano in faccia realtà e sentimenti pronte a ricordarci che non si vive di sole nostalgie, quel suo farsi portavoce delle contraddizioni con cui siamo costretti a confrontarci quotidianamente e lo stupore trasognato per la musica che gli è rimasto dentro e condivide con pochissimi altri colleghi.
IL COMMENTO
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