Srebrenica, luglio 1995. All’interno della guerra in Bosnia-Erzegovina che va avanti da tre anni le truppe serbe del generale Ratko Mladic compiono il più agghiacciante genocidio dalla fine della seconda guerra mondiale: oltre ottomila musulmani bosniaci, tutti maschi di età compresa tra i 12 e i 77 anni, vengono strappati alle loro madri e alle loro mogli, caricati su vecchi autobus, portati altrove e quindi uccisi e sepolti in fosse comuni. I resti di molti non verranno mai ritrovati. Tra tanto orrore, la cosa più spaventosa è che tutto avvenne sotto gli occhi delle forze dell’Onu che erano di presidio sul luogo e nulla fecero per impedire tale scempio.
Su questa vicenda raccapricciante la regista bosniaca Jasmila Zbanic, Orso d’oro a Berlino nel 2006 con la sua opera prima ‘Il segreto di Esma’, ha costruito ‘Quo vadis, Aida?, quel genere di film dove ciò che si racconta vale più di come viene raccontato. E tuttavia è singolare anche la scelta compiuta, quella cioè di mostrarci ogni cosa attraverso una figura femminile, l’Aida del titolo, interprete proprio per le truppe dell’Onu il che le permette di avere un accesso preferenziale in aree in cui nessuno può avvicinarsi. La donna, mano a mano che intuisce la piega che prenderanno gli avvenimenti, farà il possibile, al di là del proprio lavoro, per salvare il marito e i due figli.
Tutto il film ruota intorno a lei e ci fa vedere quello che vedono i suoi occhi. Le atrocità fisiche rimangono fuori scena, non assistiamo ad alcun omicidio, la sceneggiatura evita spiegazioni politiche o religiose per quello che accade, la parola ‘musulmano’ è usata solo poche volte, le donne non hanno il viso velato o la testa coperta né sappiamo perché serbi e bosniaci sono entrati in conflitto. L’attenzione è concentrata soltanto sui civili indifesi che per colpe non loro diventano un giocattolo del potere in una guerra assurda dove molti dei partecipanti contrapposti si conoscono perfettamente essendosi frequentati in passato nelle normali relazioni sociali. Adesso invece il vicino va contro l’ex-vicino e il compagno di classe contro l’ex-compagno di classe: un approccio che permette a Zbanic di mettere in primo piano il crudo fatto del genocidio, svincolato da qualsiasi "ragione" (si fa per dire) che possa minimamente spiegare, o magari razionalizzare, un comportamento così orribile. Piuttosto in questo modo condanna l’atteggiamento di una comunità internazionale impreparata, inefficace e ottusa quale quella rappresentata dal contingente olandese delle Nazioni Unite che era sul campo.
Ispirato ad una storia realmente accaduta ma vissuta da un uomo, un traduttore che in quella circostanza perse il padre e il fratello, ‘Quo vadis, Aida?’ è un feroce atto di accusa contro le politiche estere fallite di tutto il mondo inserita in uno studio dal carattere profondamente umanista perché la protagonista vede chiaramente quanto il mondo intorno a lei stia diventando sempre più pericoloso senza però che la burocrazia e la confusione le permettano in qualche modo di intervenire.
Se pure in passato sono state girate pellicole più efficaci nell’indirizzare la nostra attenzione sugli orrori della guerra, basate su fatti personali (‘Il figlio di Saul’, Oscar nel 2016) o grandi eventi storici (‘Dunkerque’ di Nolan), il film di Zbanic non sfigura: tra rabbia e disperazione parla di coraggio, amore e resistenza fornendo persino – in maniera sorprendente - un epilogo se non conciliante quanto meno non privo di speranza. Resta però l’inquietudine della domanda che pone il titolo dal momento che ancora adesso il mondo è pieno di Aide e forse Aida siamo un po’ tutti noi: dove stiamo andando, al di là della lezione che ci ha purtroppo consegnato la Storia? E’ il motivo per cui se da resoconto romanzato di una pagina europea che più nera non si può ‘Quo Vadis, Aida?’ è comunque amarissimo e vitale nel suo dolore, è ancora più urgente e importante come studio dell'inerzia politica e diplomatica di fronte alle tragedie umane contemporanee.
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Il film della settimana: "Quo vadis, Aida?", la pagina più nera dell'Europa contemporanea
La bosniaca Jasmila Zbanic racconta il massacro di Srebrenica nel 1995
3 minuti e 32 secondi di lettura
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